Moralisti di stato contro la Coca-Cola
Vogliono tassare lo zucchero come impone il mainstream. Cattivo segno
Toglieremo, promettevano, le accise sulla benzina. Ma erano i tempi felici della campagna elettorale. E invece, ora che sono al governo, ogni giorno che passa s’inventano una gabella nuova. L’ultima, elaborata oggi, riguarda la Coca-Cola e le bevande dolci: una tassazione su quelle bibite ad alto contenuto di zuccheri aggiuntivi per coprire l’esclusione del regime Irap per le partita Iva fino a centomila euro. A volerla è, in particolare, la grillina Carla Ruocco. Ma l’emendamento alla manovra proposto dalla presidente della commissione Finanze della Camera è stato subito sostenuto anche dai suoi colleghi di governo della Lega.
E del resto quest’idea riassume bene due caratteri peculiari della strategia economica gialloverde: la disperata ricerca di risorse con cui alimentare un programma irrealizzabile se non dannoso, e un moralismo di stato desolante. La tassa sulle bibite zuccherate s’aggiunge infatti all’aumento dell’accisa sulle sigarette, e arriva dopo settimane trascorse a straparlare di improbabili divieti alle “spese immorali”. Uno stato che stabilisce, in base a oscuri princìpi, che cosa i cittadini non devono consumare e non possono acquistare, e inventa di conseguenza multe e proibizioni, è solo l’inizio di un illiberalismo di cui il governo del cambiamento ha già dato ampie prove (ve la ricordate la norma, poi sparita, sul gioco d’azzardo, che Di Maio aveva sostenuto come la soluzione ultima alla ludopatia?). Senza contare che se l’obiettivo è quello di ridurre la diffusione di bibite considerate dannose per la salute e ritenute dal mainstream una delle cause dell’obesità, allora la trovata grilloleghista arriva in notevole ritardo, visto che il mercato mondiale già da anni aveva imboccato la strada del nuovo proibizionismo salutista.