La pericolosa pesantezza dei Btp
I risparmiatori snobbano le emissioni tricolore, per i banchieri sono un fardello
L’acquisto di titoli di stato italiani è diventato un argomento da maneggiare con cautela. Ieri l’emissione di titoli Btp Italia riservata agli investitori retail ha avuto una accoglienza timida: raccolte sottoscrizioni per soli 481 milioni di euro mentre nella precedente edizione, a maggio, gli ordini avevano toccato i 2,3 miliardi il primo giorno. Anche le aste precedenti erano andate bene, questo è il primo flop. Le caratteristiche dell’emissione sono quasi identiche, quello che è sostanzialmente cambiato è l’approccio dei risparmiatori individuali, diventati guardinghi. Il collocamento retail si chiuderà mercoledì, poi tocca agli investitori istituzionali dai quali arriverà un segnale al mercato. L’investimento in titoli di stato italiani è percepito come più rischioso per via dell’aumento del differenziale di rendimento con gli omologhi tedeschi, lo spread, arrivato ieri a 324 punti. Il governo gialloverde aveva intenzione di riservare emissioni ai cittadini italiani fino a ipotizzare l’uso del risparmio privato per investire in titoli di stato: il magro risultato dell’emissione Btp Italia (peraltro nonostante il battage sui media finanziari) mostra che gli italiani lo farebbero controvoglia. Altro che “Bot people”. Mentre gli investitori esteri continuano a ridurre gli acquisti, per le banche italiane, che ne sono grandi detentrici, i titoli di stato sono un peso. Il presidente dell’Associazione bancaria italiana, Antonio Patuelli, a un seminario tenuto a Ravenna nel weekend, ha detto che l’attuale livello di spread “rappresenta già un appesantimento per tutta la catena produttiva”. E’ però complesso definire una “soglia critica” per le banche perché ogni situazione è diversa: “Solo Bce e Banca d’Italia insieme possono fare questo calcolo e comunque non lo direbbero”, ha detto Patuelli. Patuelli ha preferito non parlare di stretta del credito (“parlo di ciò che vedo, non di quel che non c’è e che non auspico”) visto che i prestiti erogati a famiglie e imprese ancora a settembre crescevano. I banchieri non si esercitano in chiaroveggenza. Ma per gli economisti è probabile che ci sarà una riduzione dei prestiti in conseguenza dell’aumento dei costi di finanziamento per le banche. L’evidenza arriverà a fine anno.