Gli eccessi dell'ideologia green
Macron vuole più rinnovabili e meno nucleare, ma occhio al fabbisogno
Il nucleare, in Francia, è un orgoglio nazionale. Assieme al Tgv, è il simbolo più nitido della grandeur e della spinta modernizzatrice impressa da generale De Gaulle, il padre della Quinta Repubblica. Ma da ieri, quello che fino a qualche anno fa era considerato come un santuario inscalfibile della potenza industriale esagonale è sul banco degli imputati. Il presidente francese, Emmanuel Macron, nel quadro della presentazione del Programma pluriennale per l’energia (Ppe), ha confermato che la quota nucleare verrà ridotta del 50 per cento entro il 2035, a favore delle energie rinnovabili. “Concretamente, 14 reattori da 900 megawatt saranno spenti da qui al 2035. Si comincerà nell’estate 2020 con la chiusura definitiva dei due reattori di Fessenheim (la centrale più vecchia di Francia, ndr)”, ha detto l’inquilino dell’Eliseo, prima di aggiungere: “Ridurre il ruolo dell’energia nucleare non significa rinunciarvi”.
Ma nonostante questa frase, destinata a rassicurare Edf, il colosso dell’energia francese, e tutti gli attori che lavorano nel settore nucleare, c’è molta inquietudine. Come verrà compensata tutta questa perdita in termini di produzione di elettricità? Le energie rinnovabili, eolico e fotovoltaico – che Macron vuole sostenere con 8 miliardi di finanziamenti all’anno – basteranno per garantire il fabbisogno energetico del paese? “Poiché vegliamo sul potere d’acquisto dei francesi, saremo esigenti con i professionisti del settore sull’abbassamento dei costi”, ha detto il capo dello stato, consapevole che la bolletta elettrica francese, grazie al nucleare, è la più bassa d’Europa, e che questo record positivo deve essere mantenuto nel paese che in questi giorni è tormentato dalla protesta dei “gilet gialli” contro il caro-benzina. L’altra dichiarazione che ha fatto storcere il naso ai giganti dell’energia esagonale è che la Francia non deciderà nell’immediato la costruzione di nuovi Epr, i reattori di ultima generazione, ma aspetterà almeno fino al 2021: un rinvio che non fa ben sperare gli addetti ai lavori. Bene la chiusura delle centrali vetuste e dunque più a rischio come quella di Fessenheim, ma attenzione a non sacrificare il nucleare sull’altare dell’ideologia green.