Lo spread si abbatte sull'economia reale
Non solo Unicredit e Carige. Anche le aziende pagano il rialzo del tasso sovrano
Dopo il bond da 3 miliardi venduto da Unicredit a un unico acquirente, il fondo Pimco, all’interesse del 7,83 per cento, Carige ha ottenuto 400 milioni al 13 per cento dal consorzio di garanzia interbancario. Tassi più che doppi e tripli di quanto il Tesoro italiano già corrisponde da quando lo spread è schizzato a 300 e oltre (ieri chiusura a 288). Tra la seconda banca italiana e quella in condizioni più critiche la differenza è ormai solo in un gioco al rialzo ai limiti della sostenibilità. “Lo spread me lo mangio a colazione”, diceva Matteo Salvini, mentre Luigi Di Maio batte sulla retorica della manovra “del popolo e non delle banche” e la collega 5s Laura Castelli, sottosegretaria all’Economia, dice che “lo spread non si traduce in aumento di prestiti e mutui”.
Se anche l’aumento del rendimento dei bond sovrani creato dal governo gialloverde gravasse solo sulle banche a pagare saremmo sempre tutti, con buona pace del “Questo lo dice lei!” grillino. Ora uno studio del Peterson Institute for International Economics, elaborato dall’ex capo economista del Fmi Olivier Blanchard e dagli economisti Jeromin Zettelmeyer, Álvaro Leandro e l’italiana Silvia Merler, calcola di quanto il rialzo dei tassi sovrani si si sia trasmesso anche ai bond delle imprese, cioè alla cosiddetta “economia reale” (come se la finanza fosse irreale): tra marzo e ottobre mentre il rendimento dei titoli di stato è aumentat di circa 150 punti base, il costo delle obbligazioni non finanziarie è salito di 90 punti (vuol dire che i tassi dei bond corporate sono aumentati del 60 per cento rispetto all’aumento dello spread sovrano).
Il risultato è che il già opinabile effetto espansivo del deficit “popolare” sarà annullato, provocando innanzi tutto una riduzione del 2,5 per cento degli investimenti privati manifatturieri e un calo dello 0,38 per cento del pil. Se la contrazione si trasmetterà all’intero settore privato, la minor crescita sarà dell’1,53 per cento, mangiandosi tutta la crescita promessa dal governo e riportando l’Italia in recessione. La manovra sarà sì espansiva, ma non della crescita, bensì del debito.