L'Italia che resiste allo sfascio
L’ossatura imprenditoriale del nord se la cava molto meglio dello stato
Nella china declinista gialloverde c’è anche chi cerca di reggere. Si tratta di banche, compagnie assicurative ma anche aziende manifatturiere e di servizi alle quali Moody’s ha ridotto sì il rating, in scia del declassamento dell’Italia, ma a un livello molto migliore del debito sovrano, che da ottobre è di Baa3 con outlook stabile. Intesa Sanpaolo, Banca Imi, Mediobanca e Fca Bank sono retrocesse a Baa1 con outlook stabile: prima erano ad A3 (già allora meglio del Tesoro). Sono scese a Baa1 ma con outlook negativo Cariparma e Raiffeisen, la cassa unica che dovrebbe riunire le piccole banche cooperative, legge che Lega e M5s vorrebbero controriformare. Tra le partecipate del Tesoro, Eni è egualmente scesa a Baa1, mentre Poste e Rai seguono lo stato a Baa3. Un gruppo di utility scende a Baa2: Hera, Italgas, Snam e Terna, come Enel, Acea, A2A, non declassate. Chi se la cava meglio di tutti è Generali, il cui rating Baa1 e l’outlook stabile non sono stati toccati da Moody’s, “vista la solidità finanziaria e la diversificazione internazionale”. Mentre la Cassa depositi e prestiti – che il governo vorrebbe impiegare nelle cosiddette “operazioni strategiche”, come il controllo della rete di Tim in seguito allo scorporo dalla società che ne è proprietaria – scende a Baa3. Insomma: c’è una fetta d’Italia privata o autonoma dal governo che se la cava molto meglio rispetto a quella pubblica grillino-leghista, anche se risente dello spread, com’è accaduto per una emissione obbligazionaria di Unicredit. Si tratta dell’ossatura imprenditoriale del nord, il nord europeista e globalista dove ribolle il malumore antigovernativo. Si tratta anche in gran parte di banche e assicurazioni che il M5s considera affamatrici del popolo, punendole nella manovra economica. Peccato che la loro credibilità risulti migliore di quella del governo. Domanda: di quale Italia è meglio fidarsi? La risposta è scontata.