Commissariati e scontenti
“Contratto” stracciato da una manovra che peggiorerà la qualità della vita
"Lavoreremo intensamente per portare a termine il contratto di governo. Lavoreremo con determinazione per migliorare la qualità della vita di tutti gli italiani”. Le intenzioni di Giuseppe Conte al giuramento da presidente del Consiglio sono state smentite a 203 giorni di distanza dall’esito della discussione sulla legge di Bilancio con la Commissione europea che ha avuto lo stesso Conte come protagonista. E’ evitata una crisi politica imminente con Bruxelles, intenzionata a salvaguardare la Francia di Macron che vuol sforare il deficit/pil, ma la legge di Bilancio (sabato in Parlamento) è disastrosa per i conti pubblici e non dà prospettive di crescita. Per portare il deficit al 2 per cento tollerato dalla Commissione (dire 2,04 ai centesimi serve solo a prendere per fessi gli elettori) serve un aggiustamento di circa 10,5 miliardi di euro. Il governo dovrà ridurre i fondi disponibili per il reddito di cittadinanza e quelli destinati alla controriforma delle pensioni. Le misure bandiera sono moribonde ma per dire che il “contratto” nei punti qualificanti non è stato tradito – quando invece lo è – Lega e M5s compensano i costi attivando clausole a salvaguardia degli impegni europei attraverso l’aumento dell’Iva nel 2020 e 2021. Ovvero se la manovra odierna arriva a 31 miliardi di euro, l’anno prossimo ne serviranno 24 e 29 nel 2020 per sterilizzare l’aumento delle tasse sui consumi (in alternativa che aumenti pure l’evasione). Se l’esecutivo sovranista si è trovato a discutere la manovra con i “tecnocrati” – gli elettori No euro saranno delusi – il prossimo dovrà probabilmente fare altrettanto. Quanto a “tutti gli italiani” se la passeranno male imprenditori (stop a sgravi per acquisto macchinari), lavoratori privati (stop a credito di imposta per dipendenti indeterminati) e statali (rinviate assunzioni Pa), viaggiatori pendolari (investimenti Fs posticipati), consumatori online (webtax su imprese di e-commerce), e anche i più bisognosi (cancellate le agevolazioni fiscali a enti di volontariato e assistenza). La vita per molti non migliorerà, come prometteva Conte, e di certo la povertà non sarà abolita, come blaterava Di Maio. Anzi, alle porte della recessione non si è mai arricchito nessuno.