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Disoccupazione assistenziale

Redazione

E’ perverso l’incentivo alle imprese per assumere gli assistiti dal reddito di cittadinanza

Se dovevano essere lo zucchero con cui far digerire alle imprese lo sciroppo indigesto del reddito di cittadinanza (rdc), allora gli incentivi alle imprese previsti dal governo si rivelano ora in tutta la loro inconsistenza.

 

Funzioneranno così, stando alla bozza del provvedimento: se io, impresa, assumo “a tempo pieno e indeterminato” un beneficiario del reddito, intasco “sotto forma di sgravio contributivo un importo pari alla differenza tra 18 mensilità” di reddito “e quello già goduto dal beneficiario stesso”, purché A) non lo licenzi nei successivi 24 mesi e B) aumenti, tramite questa assunzione, “il numero di dipendenti a tempo pieno e indeterminato” nella mia azienda. Poi, c’è una mensilità di reddito extra, come bonus a chi assume donne o “soggetti svantaggiati”.

 

A conti fatti, considerando che il massimo della quota mensile traducibile in sgravio è 780 euro ma che molto spesso si tratterà di una somma inferiore, l’Anpal stima una cifra media di circa 4 mila euro (dimezzata poi in caso di assunzione tramite le agenzie per il lavoro privato): uno sgravio del tutto inefficace a stimolare assunzioni a tempo indeterminato, equivalente com’è, grosso modo, a quello previsto nel secondo anno di esonero del Jobs Act che già si è dimostrato insufficiente (al contrario del primo, che era di 8 mila euro). E questo è ancora più vero al sud, dove nel 2016-2017 le assunzioni sono state per oltre il 50 per cento a tempo parziale, e non pieno (furbata per nascondere il nero: lavori a tempo pieno ma metà stipendio lo ricevi “fuori busta”).

 

L’illusione del M5s consiste nel compensare, attraverso questi sgravi, l’effetto perverso creato dal decreto dignità, che sta di fatto rendendo impossibili i rinnovi dei contratti a termine: ma attraverso questa via, si otterrà ben poco. La formulazione inserita nella bozza, d’altronde, recepisce il dettato originario del disegno di reddito di cittadinanza, ideato dalla grillina Nunzia Catalfo nel 2013: e cioè, sgravi solo per assunzioni stabili e a saldo positivo di impiegati. Ma è verosimile che, nella contrattazione con la Lega, questo paletto verrà lasciato cadere da Di Maio. Il lavoro precario per definizione non è stabile, ma per incentivare quello stabile i grilloleghisti non sanno trovare le risorse.