Una vecchia manifestazione del M5s contro le trivelle (2016). Foto LaPresse

Trivelle di distrazione di massa

Redazione

Il M5s promette di bloccare le estrazioni per fare pace con gli ambientalisti. Ma ci sono almeno tre motivi per cui la trovata grillina non avrà un lieto fine 

Il M5s ha qualche problema con l’ambiente. Da grandi sostenitori, i vari comitati ambientalisti rischiano di diventare i più grandi detrattori del movimento dopo gli ultimi provvedimenti che hanno infranto le promesse elettorali. Per rimediare all’ultima delusione, l’autorizzazione di alcune concessioni di ricerca e coltivazione di gas metano in Emilia Romagna e nel mar Ionio, il ministero dello Sviluppo economico ha annunciato di volere introdurre una moratoria alle “trivelle” che sospenderà 36 titoli per un periodo massimo di tre anni.

     

Nonostante un referendum fallito – dove gli italiani hanno già detto che preferiscono tenersi le “trivelle” piuttosto che sospenderne le attività – il M5s ci riprova. Il pretesto è quello di definire nel frattempo un Piano delle aree idonee per le estrazioni. Una trovata che probabilmente servirà nell’immediato a ricucire con una parte dell’elettorato deluso, ma che a lungo termine non potrà avere un lieto fine. Il primo problema, semmai dovesse passare l’emendamento al decreto Semplificazioni annunciato ieri dal sottosegretario Davide Crippa, sarà che la moratoria ha un effetto solo transitorio. Una volta definito il Piano delle aree da tutelare, dove non sarà più possibile rilasciare nuove autorizzazioni, le attività già in essere riprenderanno esattamente da dove sono state interrotte. Con buona pace dei No Triv. Il secondo è il danno di credibilità verso le imprese, che ancora una volta vedranno i loro investimenti sacrificati e messi in discussione per una bagarre elettorale. Nel migliore dei casi le compagnie petrolifere perderanno tempo, restando ferme per poi ricominciare. Nel peggiore, dopo avere aspettato anni, si vedranno negare l’autorizzazione per un cambio di normativa. E qui veniamo al terzo problema, che si riverserebbe sulle casse dello stato. Qualora il Piano delle aree decidesse davvero di fermare anche i permessi di prospezione e di ricerca già rilasciati, la norma sarebbe giudicata con buone probabilità illegittima, dando seguito a ricorsi, contenziosi ed eventuali penali. Ne vale la pena, per distrarre solo momentaneamente alcuni elettori delusi?