Fuori dal giro dell'Auto
Tra alleanze low cost e disimpegno di Fca l’Italia è marginale nell'automotive
Ford e Volkswagen hanno annullato la conferenza stampa al Salone dell’auto di Detroit in cui avrebbero annunciato una alleanza per lo sviluppo dell’auto elettrica e a guida autonoma. “Non abbiamo abbastanza dettagli per affrontare oltre cinquecento giornalisti”, ha detto un portavoce di Ford. Se i due produttori non sono pronti a esporsi in pubblico, i colloqui però vanno avanti. Quello che si sa è che per la prima volta nella storia il colosso tedesco accetta di condividere una sua piattaforma, denominata Meb, con un marchio che non appartiene all’orbita di Wolfsburg. Anche Ford potrà sviluppare veicoli elettrici, in particolare Suv e minibus, coerenti con le linee del gruppo tedesco. Un’alleanza a doppio filo che – si fa sapere da entrambe le parti – sarà solo industriale e tecnologica, senza coinvolgere scambi azionari come invece fu nell’alleanza Renault-Nissan, ormai sfilacciata dopo l’arresto di Carlos Ghosn che ne è stato l’artefice, il garante e il motivo di divisione. Rispetto all’alleanza franco-nipponica, risalente alla fine degli anni Novanta, quella tedesco-americana dice che i matrimoni nell’auto non avvengono più per ambizioni di dominio del mercato mondiale ma sono delle convivenze low cost perché dopo anni di crescita il mercato è declinante e non tutti i costruttori – fa eccezione Toyota – hanno solidi piani pluriennali per evolvere.
Per l’Italia ci sono problemi ben più contingenti. Fca ha dei piani per l’Italia, ma potrebbe mandarli all’aria. Aveva annunciato 5 miliardi di investimenti nel paese nel 2019-2021 ma, nei giorni scorsi, il successore di Sergio Marchionne, Mike Manley, ha detto che l’azienda è pronta a rivederli. I suoi piani sono in conflitto con quelli del governo gialloverde di imporre una tassa sull’acquisto di automobili a un certo grado di emissioni per incentivare l’auto elettrica. L’intervento governativo è controproducente – colpisce i costruttori di abbordabili auto tradizionali per finanziare quelli di auto elettriche costose – ma più che essere un disincentivo pare fornire un alibi a Fca per lasciare gradualmente i marchi storici italiani e concentrarsi su auto di grande cilindrata che vanno ancora bene in America. Magari per cercare una convivenza altrove.