La virtù sta nel privato
Guardare a Generali e Tim per capire quanto pesano le interferenze politiche
Assicurazioni Generali ha collocato una obbligazione da 500 milioni, scadenza decennale, ricevendo offerte pari a 6,5 miliardi, tredici volte e mezzo l’importo. In questo modo ha potuto ridurre la cedola di 75 punti base, al 3,875 per cento, rispetto a quella inizialmente prevista al 4,625. È il minimo storico del rendimento pagato dalla compagnia triestina, che beneficia di un rating da parte di Moody’s di Baa1, con outlook stabile, di due gradini superiore a quello del debito pubblico italiano.
Anche il Tesoro, pochi giorni fa, se l’è cavata meglio delle attese vendendo un Btp all’interesse del 3,35 per cento, con richieste di quasi il triplo dell’offerta – ma su una scadenza di 15 anni. Lo stato dunque ha dovuto allungare il tiro ben oltre la durata presumibile di questa stagione politica, mentre due mesi fa aveva registrato il fiasco del Btp Italia indicizzato all’inflazione, destinato al mercato domestico (quello per intenderci degli “italiani ci daranno una mano” by Salvini). I privati se la cavano molto meglio, quando non ci sono di mezzo interventi politici di disturbo, o quando non si creano surreali casi diplomatici con paesi partner europei.
Per dire: Tim, dove, tra cali di Borsa in serie, si sta sviluppando uno dei vari fronti di conflitto italo-francese, con di mezzo la Cdp e gli emendamenti del M5s, è in condizioni opposte a Generali. Non solo i creditori, ma anche gli investitori si fanno avanti quando vedono che vale la pena. Sia Francesco Gaetano Caltagirone sia Leonardo Del Vecchio stanno da mesi arrotondando le quote in Generali (ora del 4,84 e del 4,44 per cento) con l’obiettivo di arrivare almeno al cinque. Ciò, se la compagnia diventasse contendibile, e fosse appetibile magari per concorrenti stranieri, costituirebbe il miglior argine per mantenerla italiana, visti anche i circa 70 miliardi di titoli pubblici che custodisce. L’ad di Generali è un francese, Philippe Donnet, il che fortunatamente non ha finora attirato le teorie complottiste à la Di Battista. Che sia la reputazione (in questo momento migliore per esempi privati che non per lo stato) il vero problema, anziché la difesa dell’interesse nazionale a colpi di sovranismo, blocchi navali e chissà quale altra retorica?