La propaganda elettorale di Di Maio non risparmia nemmeno Carige
Facendo i nomi dei presunti responsabili della crisi bancaria il ministro fa un uso distorto, o addirittura un abuso, della propria funzione istituzionale
Rispondendo in Aula a una interrogazione sulla crisi della Cassa di risparmio genovese (Carige) il vicepremier Luigi Di Maio ha indicato come “responsabili del disastro” quattro ex amministratori, provenienti dall’ambiente politico, metà del centrodestra e metà del centrosinistra.
Il suo intento, come sempre propagandistico, è quello di accusare chi ha avuto responsabilità politiche o amministrative prima del sorgere della nuova èra pentastellata di tutti i guai del paese. Nelle vesti improbabili di un Cerbero alla vongole, Di Maio dice che la responsabilità di queste persone è un "segreto di Pulcinella". Però, se si segue un procedimento meno enfatico, si capisce bene che se c’è una responsabilità ci deve essere una conseguente azione di responsabilità formale da parte dei commissari: se c’è, sarebbe prudente attendere l’esito della procedura, se non c’è vuol dire che l’identificazione delle responsabilità fatta pubblicamente da un ministro è un uso distorto o addirittura un abuso della propria funzione istituzionale.
Denunciare che ci sia una commistione tra politica e finanza nelle Casse di risparmio e negli enti bancari è come scoprire l’acqua calda. E’ la legge di parziale privatizzazione di queste istituzioni che porta a questa situazione, il che non significa che amministratori di origine politica siano automaticamente amministratori incapaci. Basta vedere il caso della fondazione Cariplo e di Giuseppe Guzzetti, per citare una persona che non ricopre più un ruolo che ha esercitato con indubbia autorevolezza.
Le responsabilità, inoltre, debbono sempre essere accertate da organismi che hanno la funzione di farlo, quando si parla di responsabilità penali o amministrative. E’ diverso il caso delle responsabilità politiche, il cui giudizio spetta al corpo elettorale o alla rappresentanza parlamentare. Di Maio si offende quando si dice che il suo governo è responsabile della recessione, ma questo è appunto un giudizio politico, mentre le sue accuse investono l’area dell’onorabilità personale e dimostrano una noncuranza per le più elementari regole di comportamento di un ministro della Repubblica, seppure di un ministro promotore del “cambiamento” che, anche in questo caso è, e non soltanto sul piano dello stile, un cambiamento in peggio.