Il crollo in Borsa indica il futuro di Fca
Titolo sospeso, governo disattento. Per uscirne c’è una soluzione alla Merkel
Il titolo di Fiat Chrysler Automobiles è crollato del 9,78 per cento, con varie sospensioni, dopo l’annuncio di un 2018 chiuso con utili netti di 5,047 miliardi, in crescita del 34 per cento sul 2017. Ma gli analisti guardano al futuro, non al passato: e nel futuro di Fca ci sono più ombre che luci. Intanto il generale rallentamento del settore Auto europeo, invischiato nel passaggio da diesel a ibrido, settore nel quale gli altri sono più avanti o stringono alleanze per ridurre i costi e condividere tecnologie. Per Fca pesano certo la transizione a sei mesi dalla scomparsa di Sergio Marchionne, ma anche la linea del governo impersonata dal ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio, linea che oscilla tra menefreghismo e punitivo, dopo le gabelle alle auto a trazione tradizionale; ben diverso che in Germania dove Angela Merkel ha istituito una sorta di unità di crisi politica per proteggere le aziende nazionali. Poi ci sono le previsioni per quest’anno: il margine operativo lordo di 6,7 miliardi è inferiore alla forchetta delle attese (7,1-8,6), mentre il cash flow di 1,5 miliardi è un terzo rispetto ai 4,4 del 2018.
Gli altri Big non stanno meglio. Ma contano su una forza propria maggiore, sulle protezioni governative e sulle alleanze. Su quest’ultimo punto i pareri sono divisi. La somma degli asset di Fca supera da tempo i suoi 23,5 miliardi di capitalizzazione: la sola Ferrari ne vale in Borsa 21,7, Cnh 12,1, mentre Magneti Marelli, la cui cessione alla giapponese Ck Holdings verrà finalizzata nel 2019, ne porta 6,1. L’ad Mike Manley non esclude la vendita di Teksid (acciaio) e Comau (robotica, 2 miliardi). Tutto ciò può dare la percezione che Fca sia abbastanza solida da andare avanti da sola, il che avrebbe fatto crollare l’appeal speculativo del titolo in caso di fusioni. Ma questa situazione esiste da tempo mentre il crollo è di oggi. Invece un’azienda con patrimonio ricco ma conti indeboliti può ancora di più invogliare i compratori a farsi avanti: Manley parla di partnership in Europa per ridurre i costi, una formula di routine. La sensazione è che con una produzione italiana che non ha mai raggiunto le attese e un governo che si volta dall’altra parte, il destino di Fca sarà all’estero. Non a caso i 45 miliardi di investimenti fino al 2020 potranno essere soggetti a modifiche; soprattutto i 5 destinati all’Italia. Un atteggiamento più da preda che da predatore.