Solo costi, zero benefici
Dal pil alla Tav. Quello che è bene per i Cinque stelle è male per l’Italia
“Per anni ho pensato che ciò che era buono per la nazione fosse buono per la General Motors e viceversa”, disse nel 1953 Charles Erwin Wilson, nominato segretario della Difesa da Dwight Eisenhower. Distorta in “ciò che è bene per la General Motors è bene per il paese”, la frase divenne poi simbolo di come si possano invece fare gli interessi pubblici cambiando ruolo: Wilson riorganizzò le forniture alle Forze armate, allora monopolizzate dalla Gm, aprendo alla concorrenza. Nell’Italia gialloverde è ormai scientifico che ciò che è buono per i 5 stelle non è buono per l’Italia. E in questo il conto del dare e avere tra Francia e noi nella crisi scatenata da Luigi Di Maio è solo una frazione. Il 5,5 per cento di calo della produzione industriale annua ieri certificato dall’Istat, il peggiore dal 2012, e l’anticipo di “una ulteriore marcata flessione che prospetta serie difficoltà di tenuta dei livelli di attività economica”, riguarda Di Maio ministro dello Sviluppo economico, non quello delle scampagnate parigine assieme a Dibba (“il vento del cambiamento ha varcato le Alpi”) per incontrare i gilet jaunes. Il crollo non è tutto ascrivibile al periodo Di Maio, ma l’accelerazione degli ultimi mesi e ciò che sta arrivando, sì. Egualmente lo 0,2 di aumento del pil previsto dalla Ue nel 2019, che pone l’Italia in 27esima posizione dietro a tutti i 26 paesi, Regno Unito post Brexit incluso, è in parte frutto del rallentamento generale ma il ritardo dalla media europea in èra Di Maio è passato da 0,7 a 1,3 punti di ricchezza, 10 miliardi e mezzo. Intesa Sanpaolo prevede ora pil negativo anche nel primo trimestre 2019 “con alto rischio di stagnazione dell’attività economica nell’intero anno”. Quanto all’altro Di Maio, il ministro del Lavoro, il suo decreto dignità ha già ridotto i contratti fissi di 88 mila, mentre (Istat di ieri) “la disoccupazione aumenta di 64 mila unità nel quarto trimestre 2018”. La crisi con la Francia fa ritirare Air France dalla esigua fila di pretendenti al salvataggio Alitalia. Mentre diventano certezza i rimborsi che Bruxelles e Parigi chiederanno per il no alla Tav: 1,2 miliardi di partenza e tre-quattro anni di arbitrati. Eccola l’analisi costi-benefici dei 5 stelle.