Il populismo antibancario e i giornaloni
La lettera (e la firma) di Mattarella sulla Commissione e le idee opache del paese
La notizia di ieri è che il presidente Sergio Mattarella ha promulgato la legge che istituisce la Commissione di inchiesta sulle banche. La non-notizia che i grandi giornali avevano però messo in pagina, ieri, era che “erano filtrati dal Quirinale i dubbi del capo dello Stato”, anzi Mattarella “firma e demolisce”. Che il presidente della Repubblica dovesse, giocoforza istituzionale, firmare la legge era scontato, che abbia deciso di accompagnarla con una lettera di raccomandazioni è un segnale chiaro, ma non un fatto sconvolgente.
Una domanda interessante da porsi, rispetto a come è stata seguita questa vicenda, è la seguente: tutti hanno sottolineato il rilievo critico di Mattarella, forzandone un poco anche il valore istituzionale. Eppure in precedenza, e alla fine della legislatura passata, da parte della politica, dell’informazione e degli opinion maker à la page della famosa società civile, non si erano sentiti dei “no” secchi, decisi e motivati alla follia populista di processare il sistema bancario. Il populismo che è in noi (o in loro) a lungo l’ha pensata come l’attuale governo: randellare le banche nemiche del popolo. Ma com’è possibile che in Italia nessuno abbia, e abbia avuto per tempo, il coraggio di dire – senza aspettare Mattarella – che in un paese che sta andando a rotoli si dovrebbero aiutare le banche, non metterle alla gogna del popolo o di commissioni parlamentari di dubbia competenza? Secondo i dati Bankitalia la divergenza, in negativo, del nostro paese nel settore bancario rispetto ai nostri partner europei va crescendo: gli indici di Borsa sono diminuiti del 10 per cento in più (40 contro 30) mentre i rendimenti delle obbligazioni sono aumentati al 2,4 per cento, contro un aumento medio dello 0,3 europeo. E’ a questa situazione che bisogna far fronte. Possiamo sperare, prossimamente, di avere giornaloni capaci di denunciare l’orrore dell’anticasta (bancaria) e di combattere le battaglie politiche e di cultura economica che negli ultimi anni si sono sempre rifiutati di combattere?