Falsa partenza per l'industria
Il rimbalzino della produzione scansa la recessione solo temporaneamente
La primavera dell’industria italiana è stata breve: i dati diffusi dall’Istat sugli ordinativi trimestrali a febbraio segnano un ribasso del 2,7 per cento, contrazione ancora più marcata (meno 2,9) su base annua. Appena una settimana fa le cifre dei primi due mesi del 2019 relativi alla produzione industriale avevano evidenziato aumenti mensili rispettivamente dell’1,9 e dello 0,8: facendo prevedere riflessi anche sul pil. Che in effetti secondo il Bollettino economico della Banca d’Italia nel primo trimestre 2019 potrebbe tornare allo 0,1. Ma Luigi Di Maio suona la fanfara: “L’Italia è in questo momento la locomotiva d’Europa, se restiamo uniti possiamo fare moltissimo per aiutare anche gli altri paesi” ha detto il ministro dello Sviluppo all’assemblea di Unioncamere. Di lì a poco le nuove cifre lo hanno smentito, anche se in realtà già la timida ripresa produttiva evidenziava un calo del 17 per cento rispetto al picco del 2007, a fronte della Germania che per quanto in crisi è al di sopra del 7, il che significa che è appena sotto il suo record storico.
Ma al di là delle strumentalizzazioni qual è lo stato delle cose? In audizione parlamentare sul Def la Confindustria ha attribuito il rimbalzo di gennaio-febbraio alla ricostituzione delle scorte dopo i pesanti cali di fine 2018 e a un calendario che tra aprile e maggio accorpa molte festività. Anche gli indici di fiducia Istat fotografano una situazione negativa per i consumatori, e incerta per le imprese: sul primo fronte il clima è sceso da 114,7 di dicembre a 111,2 di marzo; per le imprese da 99,8 a 99,2. Banca d’Italia parla di “attività economica in lieve espansione ma ancora incompatibile con una vera ripresa”. Il risveglio segnalato giorni fa ha inoltre puntato sui consumi interni, che ora rischiano la penalizzazione dell’aumento Iva, o delle misure sostitutive da 23 miliardi.
Intanto il “decreto crescita” risulta rinviato a dopo Pasqua. Un pil che torna in positivo certo è benedetto, ma, e la Banca d’Italia lo conferma, non per merito del governo: “Le prospettive risentono sia dell’incertezza imputabile a fattori economici e politici sia delle tensioni globali”.