Strozzare il greggio dell'Iran
La politica estera di Trump trova coerenza nell’ostacolare Teheran e Pechino
Gli Stati Uniti hanno rinnovato la pressione sull’Iran con l’obiettivo di portare a zero le esportazioni di petrolio dalla Repubblica islamica. Il presidente Donald Trump ha deciso di porre fine alle esenzioni che autorizzano otto paesi ad acquistare petrolio iraniano. Secondo il Washington Post, che aveva anticipato la notizia citando due funzionari dell’Amministrazione, tra gli otto paesi ci sono Italia, Grecia e Taiwan – che avevano già azzerato le importazioni – mentre ci sono, al contrario, altri cinque Cina, India, Turchia, Giappone e Corea del Sud che stanno proseguendo gli acquisti. Nel comunicato, la Casa Bianca aggiunge che Stati Uniti, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti si “sono impegnati a garantire che i mercati petroliferi globali rimangano adeguatamente forniti”. Ma intanto il prezzo del greggio, nella giornata di lunedì, ha toccato massimi da sei mesi (Brent a 73,96 dollari al barile e Wti a 65,63 dollari al barile).
Gli Stati Uniti hanno reimposto le sanzioni al regime ierocratico a novembre dopo che l’Amministrazione Trump si era tirata fuori da un accordo nucleare voluto dall’Amministrazione Obama risalente al 2015. Con una strategia coerente ed efficace Washington sta facendo pressione sull’Iran per ridurre il suo programma nucleare e smettere di sostenere organizzazioni terroristiche in medio oriente. Due settimane fa l’Amministrazione americana aveva dichiarato “organizzazione terroristica” le Guardie rivoluzionarie e Teheran, in risposta, vi ha messo al comando il generale Hossein Salami noto per la sua retorica bellicosa contro i nemici del regime. Le restrizioni sulle importazioni che se non rispettate comportano sanzioni americane ai paesi non allineati colpiscono in particolar modo la Cina, grande oppositore della repressione economica americana verso Teheran, nonché primario importatore di petrolio iraniano. Washington così colpisce i suoi due principali nemici.