Un occhio ai sondaggi e uno allo spread
Il bollettino della Bce ricorda che l’Italia è un pericolo per sé e per gli altri
In questo periodo di campagna elettorale vanno per la maggiore i manifesti elettorali, i santini dei candidati e ancor di più i selfie e le foto sui social network. Non è certamente il periodo più adatto per sfogliare il bollettino della Banca centrale europea, ma è un documento che la classe dirigente – e in particolare quella di governo – dovrebbe leggere se ha nel suo orizzonte politico uno sguardo che vada oltre elezioni, non diciamo di legislatura, ma che quantomeno arrivi a fine anno. Ebbene, la Bce ci dice che a influire sull’andamento dell’economica ci sarà sicuramente un contesto non favorevole per l’intera Eurozona: “I rischi per le prospettive di crescita nell’area dell’euro restano orientati al ribasso per effetto delle persistenti incertezze connesse a fattori geopolitici, alla minaccia del protezionismo e alle vulnerabilità nei mercati emergenti”. C’è un “indebolimento dell’attività economica a livello internazionale nel primo trimestre del 2019”, e pertanto resta necessario “un ampio grado di accomodamento monetario” per sostenere l’espansione economica e portare l’inflazione all’obiettivo “inferiore ma prossimo al 2 per cento”. Al contesto però si aggiungono i problemi strutturali dei singoli paese. E l’Italia è ovviamente – insieme a Belgio e Francia – tra quei paesi con elevato debito pubblico (l’Italia più di tutti) che non hanno ridotto il deficit strutturale. Se dopo il 2011, quando la crisi e lo spread mordevano, c’è stato un riequilibrio dei conti, negli anni recenti “nessuno dei paesi indicati ha realizzato l’aggiustamento richiesto”. Questo vuol dire che l’Italia non ha “margini di bilancio” che consentano di impedire una stretta fiscale in caso di rallentamento e ciò, scrive la Bce, “può avere conseguenze sulla capacità di tenuta dell’intera area dell’euro”. Siamo un rischio, insomma, per noi e per gli altri. E il fatto che negli ultimi giorni lo spread sia salito di oltre 20 punti, portandoci a quota 270 e riducendo sempre più la distanza dalla Grecia, non è un buon segnale. Dopo le europee, quale che sarà l’esito, i problemi dell’economia saranno sempre lì.