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Oltre l'uscita dalla recessione autoindotta

Redazione

L’opposizione non può giovarsi della stagnazione gialloverde. Reagire

Nel primo trimestre l’Italia è uscita dalla recessione (più 0,2 per cento di crescita del pil rispetto al trimestre precedente) nella quale il governo gialloverde l’aveva gettata alla fine dell’anno scorso. E’ comprensibile l’esultanza di Luigi Di Maio e Matteo Salvini, ma si dovrebbe spiegare con lo spirito dello scampato pericolo anziché con il piglio del risultato raggiunto. Non è infatti una grande consolazione quella di crescere di pochi decimali – una crescita da non contare come acquisita alla fine dell’anno.

  

Se si confronta la crescita italiana del primo trimestre rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, con l’aumento dello 0,1 per cento rispetto alla media dell’Eurozona dell’1,2 per cento, l’esultanza si trasforma in un grido strozzato. Soprattutto il sussulto è motivato dalla domanda estera a riprova del fatto che in questa prima parte dell’anno ad avere contribuito a non fare precipitare anche i dati macroeconomici non è stata l’azione di governo ma la resistenza dell’economia privata, delle imprese esportatrici. L’agenzia di rating Standard & Poor’s infatti attribuisce alle misure bandiera del governo reddito di cittadinanza e quota cento un disvalore, in quanto a maggiori spese per provvedimenti assistenziali non corrisponderà una maggiore crescita dei consumi che sarà effimera. Se l’apocalisse economica è stata evitata grazie alla scorza delle imprese private, la cui produzione va a singhiozzo e le cui esportazioni per ora reggono. Non certo grazie a un esecutivo che a malapena riesce a licenziare decreti, come il decreto crescita, che hanno più la caratteristica delle mance elettorali che quella di una strategia sviluppista. D’altra parte, però, l’opposizione non può continuare a godere degli scarsi risultati della coalizione di governo aspettandola al varco. Il varco è già passato, ed era rappresentato dell’ingresso in recessione e nella stagnazione che ci aspetta. Urge una proposta alternativa che si discosti dal tentativo di puntellare misure bislacche del Movimento 5 stelle, come il salario minimo, cercando di renderle potabili.

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