La locomotiva che cresce fa bene all'Europa
L’ottimismo sui dati del pil tedesco e la doppia incognita, America e Cina
Rispetto a quello che l’economia tedesca potrebbe fare, una crescita del pil dello 0,4 per cento nel primo trimestre 2019 potrebbe sembrare poca roba, ma è il segno che la Germania potrebbe essersi lasciata alle spalle lo spettro della recessione (-0,2 per cento nel secondo trimestre 2018, seguìto da due stagnazioni nel terzo e quarto trimestre). Il governo di Berlino ha tagliato le stime di crescita due volte in pochi mesi: nei giorni scorsi il ministro Peter Altmaier ha annunciato che nel 2019 il pil crescerà dello 0,5 per cento, la metà rispetto a quanto previsto a gennaio (1 per cento) e ancor meno dell’1,8 stimato a ottobre. In più i tedeschi si stanno aprendo a un dibattito – per ora di stampo puramente accademico – che mette in discussione il dogma del pareggio di bilancio, segno che è in atto un’ampia riflessione su come far ripartire la “locomotiva d’Europa”.
L’economia della Germania si mostra resiliente – come prova il fatto che il risveglio del primo trimestre è sostenuto soprattutto dai consumi interni e dagli investimenti in edilizia, a differenza dell’Italia che vede il suo fatturato industriale tornare a crescere solo grazie alla domanda estera – ma deve fare i conti con fattori esogeni come un imprevisto conflitto commerciale tra Stati Uniti e Cina. “L’impatto sulla Germania è superiore alla media, poiché l’economia di esportazione tedesca dipende in modo particolare dalla crescita dei mercati emergenti e della Cina”, dice Flossbach Von Storch, il centro studi di una delle maggiori società d’investimento tedesche. Ma l’esposizione della Germania alla guerra dei dazi è duplice perché l’industria automobilistica – settore trainante dell’economia – potrebbe essere colpita in modo diretto se la Casa Bianca dovesse dare il via ai rincari tariffari sull’importazione di prodotti in acciaio. Già da tempo obiettivo del presidente Trump è il surplus della bilancia commerciale tedesca che potrebbe arrivare alla resa dei conti, soprattutto in mancanza di quel negoziato bilaterale tra Stati Uniti e Ue più volte paventato ma mai avviato. Una condizione che sembra creata apposta per tenere la Germania sulla corda.