Occhio però al governo No Triv
Bloccare il settore estrattivo è l’unica “priorità” chiara dei rossogialli
In un discorso di richiesta di fiducia che un tempo si sarebbe definito doroteo – elencare promesse e riforme senza fornire alcun dettaglio, specie sull’economia – Giuseppe Conte ha sentito la necessità di annunciare due punti in apparenza concreti. Il primo è che il governo “porterà a completamento il procedimento in tema di concessioni autostradali a seguito del crollo del ponte Morandi senza nessuno sconto per gli interessi privati”, tirando in ballo Autostrade ma è preceduto da due righe che prevedono “la revisione di tutto il sistema”.
Il secondo punto annuncia “una normativa che non consentirà più il rilascio di nuove concessioni di trivellazione per estrazione di idrocarburi. Chi verrà dopo di noi, se mai vorrà assumersi l’irresponsabilità di far tornare il paese indietro, dovrà farlo modificando questa legge”. Si tratta di tributi pagati soprattutto al M5s, punti che nella vita precedente di Conte erano stati oggetto di contrasti tra grillini e leghisti senza che, sul secondo, il premier, mediando, avesse dato la sensazione di avvertire alcuna “irresponsabilità”.
A ben vedere neppure il divieto di nuovi permessi di trivellazione appare dirompente. In èra gialloverde i 5s chiedevano lo stop alle concessioni esistenti; il compromesso del gennaio scorso stabilì 18 mesi di moratoria e un aumento di 25 volte dei canoni. Dunque Conte fotografa l’esistente, nell’evidente tentativo di sminare il terreno ai grillini assediati dai movimenti del No. Smentendo i propositi di traghettare l’Italia, specie del sud, in un mondo di concorrenza, crescita imprenditoriale e innovazione, non si disturbano i due enti pubblici energetici, l’Enel che non fa trivellazioni e l’Eni per il quale nulla cambia in Val d’Agri, mentre si alza il dito contro i “poteri” stranieri.
Eppure non più tardi del 2016 il referendum No Triv è fallito per clamorosa la mancanza del quorum, segno che gli italiani non si sentono minacciati dalle trivelle, mentre lo stesso segretario del Pd Nicola Zingaretti non sapendo che fare tra svolta green e difesa dei posti di lavoro nell’estrazione di gas fa ripiegare il partito su posizioni filogrilline, ben distanti da quelle sostenute in epoca di referendum.