L'auto elettrica non ingrana
Calo delle immatricolazioni in Cina, la frenata di Nio e la rinuncia di Dyson
L’auto elettrica ha la batteria scarica? L’ultimo allarme arriva dalla Cina, che pure aveva adottato con entusiasmo la sfida anticipando la concorrenza. Ma la passione per l’elettrico, favorita dai generosi incentivi di Pechino (3,1 miliardi di dollari nel solo 2017) non ha retto di fronte ai tagli di bilancio, combinata con l’aria di crisi che affligge, per la prima volta, il più importante mercato mondiale per le quattro ruote: meno 34,2 per cento a settembre rispetto alle vendite di un anno fa, un tracollo che rischia di mettere a rischio, tra l’altro, il futuro di Nio già considerata la risposta cinese a Tesla, costretta ad attingere a nuovi fondi dall’azionista Tencent e a licenziare un quinto dei dipendenti. Ma i problemi non si fermano qui. I pionieri del sistema si stanno rendendo conto che, nonostante la relativa semplicità del motore, l’auto ai tempi dell’elettrico resta un’impresa assai difficile e complicata. Dopo le disavventure di Apple, che si è ritirata dall’auto a batteria, nei giorni scorsi ad alzare bandiera bianca è stato nientemeno che James Dyson, l’inventore che ha fatto fortuna con gli aspirapolvere e che ha rinunciato dopo avere stanziato 2,2 miliardi di euro per costruire un’auto rivoluzionaria e aver assunto 500 ingegneri tra cui Roland Krueger di Bmw. Insomma, il futuro è meno facile del previsto. Anche perché, nonostante la crescente sensibilità ambientale, le tendenze del pubblico vanno per ora in un’altra direzione, come fa notare sul Financial Times Nick Butler del King’s College: a fine 2018 circolavano nel mondo 5,1 milioni di veicoli elettrici con una crescita di 2 milioni di pezzi in un anno. Nel 2030, secondo le proiezioni dell’Agenzia internazionale dell’energia, la cifra salirà a 23 milioni in un anno, per uno stock complessivo di 13 milioni di pezzi. Cifre importanti ma pari solo a un decimo del parco vetture totale sempre più popolato di ruggenti Suv ad alto consumo che, nel 2019, rappresentano il 45 per cento delle vendite negli Stati Uniti, il 34 in Europa e anche il 42 in Cina. L’auto “verde”, insomma, è una bella cosa. Ma la strada che resta da percorrere è ancora lunga e in salita ripida.