Alitalia può volare senza di noi
Con Lufthansa lo stato dovrà uscire dalla compagnia. Un sollievo
La proposta scritta che secondo indiscrezioni concordi è stata inviata da Lufthansa al ministero dello Sviluppo economico e a Fs per entrare nel capitale di Alitalia con una cifra tra 150 e 200 milioni, pari a una quota del 15-20 per cento, mette i futuri azionisti italiani (Fs, Atlantia e ministero dell’Economia), e la politica di fronte a una opportunità irripetibile: quella di privatizzare realmente l’azienda seppellendo l’idea di rifarne una compagnia di bandiera in nome di ridicoli interessi turistici nazionali, e dunque di ritirare progressivamente la presenza pubblica e il peso per i contribuenti. Peso che è divenuto una tassa che si ripete di anno in anno. Finora Lufthansa si era proposta come alternativa all’americana Delta, però nelle vesti di partner commerciale e non azionario.
Adesso si ipotizza l’ingresso nel capitale azionario, con una quota maggiore rispetto a quella americana rimasta irremovibile al 10 per cento, e soprattutto con una variabile fondamentale: la crescita nel giro di tre anni fino a oltre il 50 per cento se il piano industriale darà i suoi frutti. Ciò significa che il Mef potrà definitivamente ritirarsi, con sollievo per le casse dello stato, e che Atlantia resterà il solo socio italiano, con una presenza ridotta di Fs. E’ un quadro che ha una logica: Lufthansa è il maggiore e miglior vettore europeo, abituato da anni a una gestione privata e di mercato, e intenderebbe attribuire ad Alitalia il compito di coprire le rotte verso States, sud America e Asia, cioè quel redditizio lungo raggio vanamente inseguito anche in era Etihad. Atlantia ha un know-how invidiabile negli aeroporti, come il nuovo Fiumicino di Adr; le Fs possono contribuire collegando con l’alta velocità i maggiori scali italiani secondo un modello sperimentato da anni in Germania, dove esistono treni dedicati sui quali è possibile fare il check-in e trasportare bagagli e merci. Gli esuberi sarebbero pari a quelli chiesti da Delta, 2.500 nel personale di terra, e la loro gestione sarebbe l’unico onere a carico dello stato. Basta con i prestiti-ponte (l’ultimo, 400 milioni inseriti in una legge di Bilancio che fatica a trovare coperture) e le perdite da ripianare, e auguri a una futura Alitalia che voli con le proprie ali e non con i nostri soldi.