Rivolta fiscale in gestazione
Imprese e cittadini non digeriscono le tasse di Conte & Co. in manovra
Il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri si augura una crescita del pil lievemente superiore al minimo stimato per quest’anno (0,1 per cento) e il prossimo (0,4), e una pressione fiscale inferiore all’aumento previsto peraltro dallo stesso governo. Ammesso che gli auspici si avverino, sono uno o due decimali in un paese che avrebbe bisogno di ben altra crescita e ben diverse tasse.
Banca d’Italia, Ufficio parlamentare di bilancio e Commissione europea, tre organismi indipendenti, esprimono dubbi.
Per Bankitalia le promesse misure espansive sono coperte per meno della metà mentre il deficit aumenta di 16 miliardi. L’Upb nota un aumento esponenziale delle spese nel triennio, da 0,7 a 11,3 miliardi a fronte di una crescita dello 0,3 del pil. Bruxelles stima più 0,4, lo stesso che con i gialloverdi. Ma soprattutto monta il malumore dei ceti produttivi che non vedono discontinuità tra i governi Conte 1 e 2, con gli imprenditori che contestano Pd e M5s così come avevano fatto con M5s e Lega.
Poi c’è una protesta più silenziosa: professionisti, normali cittadini, categorie non organizzate e sempre meno politicizzate. Fu la manifestazione anti-tasse del 2 dicembre 2006 a San Giovanni a minare il secondo governo Prodi che avrebbe avuto vita grama cadendo dopo 14 mesi. Appena insediato quel governo produsse una sventagliata di tasse, a fronte di poche positive liberalizzazioni. Il 2007 si chiuse poi con un aumento della pressione fiscale dell’1,2 per cento, record battuto solo dal governo Monti. Il governo dell’Unione, primo e unico a riunire tutte le sinistre, nacque come “argine democratico” al centrodestra berlusconiano, come oggi i rossogialli si considerano diga al salvinismo. In realtà il Prodi 2 aveva l’opposizione al proprio interno, dai di Di Pietro ai Pecoraro Scanio, così dediti alle proprie guerre ideologiche da non vedere l’altra opposizione del paese. Ora che Conte riunisce un vertice con 40 tra ministri e capigruppo è bene ricordare quel precedente. E il presente: secondo un sondaggio Euromedia, il 52,7 per cento degli intervistati dice no alla sugar tax, il 49 e il 43 alla web e alla plastic tax. Prima che la gente comune chiami alla protesta fiscale, sarà bene capire l’aria che tira.