Alitalia e Ilva precipitano insieme
Con il disimpegno di Atlantia sarà o nazionalizzazione o fallimento
L’Alitalia e l’Ilva stanno precipitando all’unisono. A due giorni dalla scadenza per la presentazione delle offerte per salvare Alitalia, il principale socio industriale e finanziario Atlantia, holding della famiglia Benetton, ha dichiarato che “non ci sono le condizioni per partecipare”. E’ un drammatico sviluppo nella vicenda che tre governi non sono riusciti a risolvere in due anni e mezzo. La compagnia americana Delta si era impegnata con un’offerta che non migliorava di molto quella precedente. La tedesca Lufthansa si è sfilata, preferendo solo accordi commerciali con Alitalia. Con il disimpegno potenziale di Atlantia, se nulla cambia entro giovedì, la data di scadenza per presentare offerte vincolanti, resterebbero come potenziali soci solamente le Ferrovie dello stato e il ministero dell’Economia. Una nazionalizzazione che avverrebbe per manifesta incapacità della politica nel riuscire ad aggregare investitori nazionali e internazionali, con esborso miliardario a carico dei contribuenti.
Se invece anche le Ferrovie dovessero arretrare sulla scia di Atlantia, la prospettiva sarebbe davvero preoccupante. Nel decreto fiscale, il governo aveva previsto un ulteriore prestito pubblico da 450 milioni di euro per arrivare alla chiusura dell’operazione nel marzo prossimo, un prestito subordinato alla presenza di un partner industriale definito capace di offrire prospettive. Senza le condizioni per ottenere il prestito, lo scenario più probabile è quello del fallimento con una vendita a pezzi. L’unica altra alternativa, senza soci forti, sarebbe come detto una nazionalizzazione integrale (molto costosa e ben poco compatibile con le norme europee). Manca solo che il governo rossogiallo ipotizzi un complotto ordito da Atlantia e Lufthansa a giustificazione della sua inerzia. Proprio come le procure di Milano e Taranto ipotizzano che la crisi dell’Ilva sia pilotata da ArcelorMittal. Purtroppo sono crisi incancrenite (20 mila dipendenti diretti nel complesso) arrivate al termine per inettitudine. Il complotto è tutto made in Italy.
tra debito e crescita