Seimila miliardi è il patrimonio immobiliare degli italiani secondo l’ultimo rapporto del ministero dell’Economia e dell’Agenzia delle entrate. La parte del leone (5.526 miliardi) la fanno le famiglie, per il 75 per cento proprietarie dell’abitazione in cui vivono. Numeri riferiti al 2016 che registrano già un lieve deprezzamento (l’1,2 per cento) sull’anno precedente, confermato nel 2017 dalle stime della Banca d’Italia. In realtà il famoso tesoro nazionale, la casa, ha subito un’erosione ben maggiore e non contabilizzata: i prezzi di mercato sono in calo del 20 per cento rispetto al 2006-2007, nonostante il recupero di Milano e da poco di Bologna e Firenze (Roma manca all’appello). Ma la vera domanda è un’altra: è davvero una ricchezza quella statica e che sommata al patrimonio finanziario (4.380 miliardi) vale quasi dieci volte il reddito? L’Italia resta un paese nel quale si guadagna poco, specie i giovani, e si accumula molto, specie gli anziani. Una società bloccata. E il risparmio non serve se vendere una casa per procurarsi liquidità per sé o per i figli, magari per investire nella loro istruzione o spostarsi di città, è così difficile. Così non esiste un rapporto tra patrimonio e reddito né tra patrimonio e mercato del lavoro, e di questo sono ancora i più giovani a fare le spese. Non solo. Gli stipendi lordi zavorrati dal cuneo fiscale – imposte sui redditi terze nell’Ocse dopo Belgio e Finlandia e contributi previdenziali per le imprese terzi dopo Francia e Svezia – completano il quadro. La politica bada alle pensioni e all’assistenzialismo, non incentiva il reddito e la produzione, che invece finanziano le controriforme di Lega e M5s (confermate dal Pd). La ricchezza privata è di chi l’ha già accumulata; e non è neppure così certa, visto che viene esibita a garanzia del debito pubblico (anche se poi bisognerà vedere quanto realmente questo patrimonio immobiliare è liquidabile). E’ una piramide rovesciata con al basso i giovani, ai quali peraltro si chiede di spendere e fare figli. Gli unici tentativi, magari imperfetti ma giusti nelle intenzioni, di spezzare queste catene restano la riforma Fornero delle pensioni e il bonus del governo Renzi: sono stati attaccati più di Quota 100 e del Reddito di cittadinanza.
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