Subito dopo il raid americano che ha ucciso Qassem Suleimani, e prima della dimostrativa rappresaglia iraniana contro le basi degli Stati Uniti avvenuta nella notte di ieri, la Iea, Agenzia internazionale dell’energia, ha ipotizzato lo scenario di un occidente diviso in due sull’energia: da una parte gli Stati Uniti già autosufficienti grazie allo shale oil, pronti a vendere ai paesi migliori offerenti e più vicini, anche per ridurre l’indebitamento delle imprese del fracking; dall’altra l’Europa legata all’importazione dal medio oriente, dell’Africa e della Russia. Il trenta per cento del petrolio consumato in Italia passa per lo Stretto di Hormuz mentre il venti viene da giacimenti iracheni, paese sempre più in orbita iraniana. Quanto alla Libia, da dove vengono gas (Tripolitania) e greggio (giacimenti Eni nel sud), è sull’orlo di una spartizione fra la Turchia di Recep Tayyip Erdogan e la Russia di Vladimir Putin, che è anche il nostro maggior fornitore di gas.
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