Perdere quota (100)
Bankitalia conferma che i prepensionamenti hanno fatto male all’occupazione
Il governo della discontinuità Conte II ha confermato il reddito di cittadinanza e quota 100, in piena continuità con il Conte I. Sono tante le motivazioni politiche che hanno condotto a questa decisione, in pratica le stesse che portano a non toccare tutti gli errori fatti nel passato: una volta elargiti, sussidi e trasferimenti diventano intoccabili. Arrivati però a un certo punto, bisogna fare una valutazione di queste misure, per aggiustarle laddove è possibile (il Rdc) e per evitare di rifare cose analoghe una volta scadute (quota 100). In questo senso viene in soccorso la Banca d’Italia, che si esprime in termini netti – se ancora ce ne fosse bisogno – sugli effetti occupazionali del prepensionamento: “Le maggiori fuoriuscite dal mercato del lavoro connesse con le nuove forme di pensionamento anticipato (quota 100) – c’è scritto nel Bollettino economico appena pubblicato – verrebbero solo parzialmente compensate da assunzioni: l’impatto di queste misure sull’occupazione complessiva sarebbe nell’ordine di -0,4 punti percentuali”. In pratica lo stato italiano spenderà per un triennio un sacco di miliardi per ridurre l’occupazione, l’opposto di ciò che Matteo Salvini e Luigi Di Maio (e Conte I) avevano promesso. Nel Bollettino economico c’è un altro dato interessante evidenziato dalla Banca d’Italia: le stime dell’output gap, ovvero quell’importante indicatore che mostra la distanza tra pil effettivo e pil potenziale. L’indice è per sua natura difficile da determinare e pertanto le stime tra le diverse istituzioni (Bankitalia, Ocse, Fmi, Commissione) sono differenti. Ma su una cosa tutti concordano: l’output gap non è aumentato e tende a chiudersi nei prossimi anni. Perché è importante? Perché il governo gialloverde ha stabilito, nel decreto che istituiva Rdc e quota 100, che l’output gap sarebbe cresciuto enormemente a causa di uno shock nel mercato del lavoro causato proprio dal decreto. E’ accaduto il contrario. Il problema adesso non è tanto il danno provocato da provvedimenti nemici della crescita e del lavoro, ma che si voglia continuare sulla stessa strada con nuove quote 100 che faranno perdere quota all’economia.