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Il virus blocca la catena globale dell'auto

Redazione

In Cina -92 per cento di immatricolazioni e la componentistica è ferma

Potenza dell’epidemia. La produzione di auto della Cina, di gran lunga il maggior produttore al mondo, è scivolata a numeri che non si vedevano dai tempi della Rivoluzione culturale, quando il possesso di un’auto era prerogativa degli alti gradi della nomenclatura maoista. A confermarlo sono i dati diffusi dalla China Passenger Car Association (Cpca) da cui emerge che il calo delle immatricolazioni nei primi 16 giorni di febbraio è stato del 92 per cento e addirittura nella prima settimana del mese la discesa aveva toccato il 96 per cento, con sole 811 vendite in tutta la Cina. Insomma, la fabbrica del mondo ha chiuso i battenti. E le conseguenze sono destinate a farsi sentire per un bel po’. In Cina, ma non solo.

 

Il blocco della produzione, infatti, non ha solo colpito al cuore le linee delle fabbriche di Wuhan, una delle capitali della produzione di quattro ruote, ma ha messo fuori gioco quello che, probabilmente, è il centro strategico del made in China dove, secondo quanto riferisce Automotive News, vengono sfornati più di 30 mila componenti per ogni tipo di auto. L’industria dell’auto, insomma, rischia di restare senza munizioni. Non solo in Cina, perché i pezzi prodotti nella provincia di Hubei sono destinati ad approdare nelle linee d’assemblaggio delle fabbriche di mezzo mondo. E così i Big dell’auto sembrano condannati a disobbedire alle direttive del governo che prevede la ripresa del lavoro a pieno ritmo a partire da lunedì. Non andrà così alla Honda e in casa Nissan, costrette a rinviare a data da destinarsi la ripresa della produzione negli impianti cinesi. Solo Toyota annuncia la riapertura dei suoi quattro stabilimenti in terra cinese, salvo poi ammettere che l’attività sarà fortemente ridotta, proprio per l’assenza di pezzi di ricambio.

 

Chi può si arrangia: è il caso di Jaguar Land Rover che ha caricato in tanti bauli i preziosi componenti da spedire nelle fabbriche inglesi, evitando così lo stop. Scene da mercato nero, che confermano la vulnerabilità dell’industria. Non a caso nella riunione presieduta ieri dallo stesso Xi Jinping è emerso l’appello a far ripartire per prime le fabbriche della componentistica, il primo passo per riavviare la catena del valore globale.

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