Quando la Merkel apre la borsa
Tre linee guida e molti programmi di aiuti flessibili: si interviene dove serve
Per combattere il coronavirus su scala europea la Germania di Angela Merkel ha scelto il Mes, schierandosi con l’Olanda e contro l’Europa del sud che reclamava i coronabond. Ma se per procedere a 27 si negozia fra un vertice e un altro, quando si è trattato di affrontare il Covid-19 entro i confini nazionali, la cancelliera ha proceduto senza esitazioni, dando vita a quello che il ministero delle Finanze oggi chiama “il più grande pacchetto di assistenza nella storia”. Prima di aprire i cordoni di una borsa tenuta strettissima per quasi dieci anni dall’ex ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble, il quarto esecutivo Merkel si è dato tre linee guida: proteggere la salute dei cittadini e mantenere l’efficienza del sistema sanitario; attenuare le conseguenze del lockdown per i cittadini e le imprese; affrontare la pandemia attraverso la cooperazione internazionale. A metà marzo il Bundestag e il Bundesrat hanno dato il via ad aiuti diretti per 156 miliardi e centinaia di miliardi in fondi di garanzia “per stabilizzare il sistema”. Le grandi imprese sono state sostenute dal Kurzarbeit (il “lavoro breve”, affine alla cig in Italia) mentre per le pmi è stato escogitato il Coronazuschuss (“supplemento corona”), un aiuto diretto versato entro 48 ore dall’invio di un questionario per posta elettronica. Ai lavoratori freelance sono andati fino a 9 mila euro, alle imprese con massimo 10 dipendenti fino a 15 mila euro. E mentre le Finanze hanno sostenuto la Sanità impegnata ad aumentare del 50 per cento i posti letti, la Familienkasse ha concesso sei settimane di congedo ai lavoratori che ne avessero bisogno. Il governo non si è poi messo alla finestra ma ha continuato a controllare il polso dell’economia. Solo una settimana fa ha staccato un assegno da 10 miliardi per aumentare, fra l’altro, i sussidi per la disoccupazione e sostenere i ristoratori che restano chiusi anche nella fase due.