Lavorare bene per lavorare tutti
Per occuparsi degli ultimi, caro Avvenire, tocca lavorare meglio, non meno
Avvenire ha aperto il quotidiano di martedì con un titolone di prima pagina: “Lavorare meno, tutti”. La rievocazione di uno slogan degli anni 70 si riferisce alla proposta avanzata dalla titolare del Lavoro Nunzia Catalfo, che prevede una modifica temporanea dei contratti di lavoro con una riduzione dell’orario a parità di salario, compensata da un intervento pubblico a carico del Fondo nuove competenze, che finanzierebbe sotto forma di percorso formativo le ore di lavoro eccedenti. I sindacati non potevano che annuire, senza entusiasmo, la Confindustria ha opposto un netto rifiuto. Anche il Pd ha declassato la proposta considerandola soltanto una forma di applicazione della cassa integrazione a rotazione (per la quale però non ci sarebbe ragione di intervenire sui contratti di lavoro).
La preoccupazione per i rischi di un’impennata della disoccupazione è fondatissima, ma c’è il rischio di adottare misure che alla fine peggiorino la situazione anziché migliorarla. Anche la cassa integrazione a rotazione è un sistema che si può adottare in aziende di dimensione media e grande, dove ci sono più figure professionali equivalenti, mentre nelle aziende minori, che sono la stragrande maggioranza, è sostanzialmente inapplicabile. Più in generale bisogna tener conto che non si può pensare di creare condizioni di crescita se si abbassa la produttività aumentando di fatto il costo del lavoro. Se si perde competitività si perde mercato, per giunta in una fase di contrazione della domanda estera e interna, e si rischia di mandare in crisi definitivamente le aziende, il che aggrava i problemi occupazionali.
Può essere utile ricordare che dove sono stati tentati esperimenti di questo tipo, come in Francia, l’esito occupazionale è stato nullo e si è solo aumentato il ricorso agli straordinari. Purtroppo non esistono soluzioni semplici a problemi gravi e complessi. Per questo l’entusiasmo di Avvenire, comprensibile nella logica pastorale del “partire dagli ultimi”, ha un valore morale ma non certo economico, anche per gli ultimi, soprattutto per loro. In un paese con una produttività disastrosa come quella italiana forse sarebbe più corretto dire: lavorare bene per far lavorare tutti.