Il Belpaese e il deserto
Turismo e cultura a picco. Non siamo la Francia, ma serve un grande piano
Nessun soggetto, nessun artista, nessun musicista, anche il più indifeso, verrà lasciato solo in questo attraversamento del deserto”, ha detto il ministro per i Beni culturali e per il Turismo Dario Franceschini, relazionando mercoledì in Senato. Nessuno, ma soprattutto il turismo. Che genera il 13 per cento del pil nazionale, con il turismo culturale e gli altri settori si arriva al 20 per cento. Quest’anno tutto sarà dimezzato. Franceschini, che nel suo secondo mandato al Collegio Romano aveva indicato di volersi occupare molto del turismo, ha parlato di una crisi “ben oltre l’emergenza”. E ha messo in campo le munizioni che, al momento, ha a disposizione. Un riconoscimento economico alle imprese, che “dovrebbe essere un aiuto a fondo perduto”. Una misura, in fieri, sugli affitti e il “bonus vacanze”, una sorta di tax credit da spendere in strutture ricettive nel 2020 per le famiglie a reddito medio basso.
Poi c’è la cultura in senso stretto. Di concreto, per ora, c’è l’ipotesi di ripartenza dei musei dal 18 maggio. Mentre per i “luoghi in cui stanno insieme le persone come teatri e cinema… ci sono maggiori problemi” e si ricorrerà agli ammortizzatori sociali e a un previsto nuovo decreto “che eroga fondi agli autori e ai musicisti più fragili”. Musei e grandi mostre stanno preparandosi come meglio possono (il direttore degli Uffizi Eike Schmidt ha dichiarato di essere pronto a riaprire, “ma senza alcun trionfalismo e senza feste”). Lo stesso giorno, Emmanuel Macron aveva annunciato le linee guida del suo piano di sostegno alla cultura e ai musei, con una potenza di fuoco economica poderosa: la stampa francese ha parlato di un ritorno all’èra di Jack Lang. L’Italia, rispetto alla Francia, non ha una simile capacità di spesa né un sistema culturale pubblico così forte. Siamo sicuri che Franceschini avrebbe voluto poter annunciare qualcosa di altrettanto grande, lui che ha sempre chiesto maggiore attenzione economica al suo settore. Ma il governo deve riflettere, se non sull’arte, almeno su numeri di pil. Servirà forse anche lo sforzo dei privati. L’art bonus qualcosa dovrebbe avere insegnato.