Nicola Zingaretti (foto LaPresse)

L'errore del neo dirigismo Pd

Redazione

Lo stato imprenditore di Zingaretti è un rischio (e lo è anche l’indifferenza)

Ciò che in tanti rimproverano al segretario del Pd Nicola Zingaretti è che parla poco, anche se al momento i sondaggi stanno dando ragione al suo stile con un leggero ma costante aumento dei consensi al suo partito. In realtà ciò che dovrebbe sorprendere, o preoccupare di più, sono le scarse reazioni quando parla, i silenzi che seguono alle sue dichiarazioni che sono potenzialmente rilevanti. E’ vero che Zingaretti non fa mai uscite dirompenti, ma nella sua intervista a Repubblica ha delineato una nuova politica industriale interventista, basata cioè su un più forte indirizzo politico da parte dello stato imprenditore: “Chiedo al governo di convocare presto tutte le aziende a controllo pubblico, i colossi mondiali come Eni, Enel, Finmeccanica, Ferrovie: occorre dare una missione-paese a questi grandi attori”, ha detto. “Serve una visione d’insieme”. Poi Zingaretti ha aggiunto che lo stato può comprare l’Ilva per fare “acciaio verde” (anche se non si sa bene cosa sia), ma non deve bruciare risorse per “tenere in vita aziende decotte” (e Alitalia, per il segretario del Pd, non lo è).

 

Questo dirigismo è preoccupante se oltre alle aziende che controlla e vuole indirizzare di più, e quelle che non controlla ma vuole acquisire, si aggiunge che in questi giorni il governo sta facendo pressioni su un’azienda quotata e sotto minaccia di revoca, Atlantia-Aspi, per cambiare la compagine azionaria. Una brutta sovrapposizione tra giustizia amministrativa e politica industriale, sia per il diritto sia per il mercato. Detto questo, ciò che sorprende rispetto a queste forti prese di posizione, è la mancata reazione sia politica sia in Borsa. C’è il precedente dello scorso anno, quando nel 2018 Conte e Di Maio (all’epoca al governo con Salvini) convocarono le principali aziende statali (per errore fu chiamata anche Tim) per pretendere da loro l’assunzione di due-tre giovani per ogni pre pensionato con quota 100. La politica ordinò, ma le aziende di stato non eseguirono. E’ come se il mercato e gli investitori ritenessero che la politica enuncia allarmanti proclami che però non è in grado di attuare. Chissà se peccano di ottimismo.

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