Il digitale fa benone al made in Italy
Negozi che chiudono, altri che aprono. L’Istat indica una miniera futura
L’Istat rileva per il mese di aprile un aumento dell’e-commerce del 27,1%, “unica forma di vendita in costante accelerazione”. A marzo l’Istituto aveva registrato un più 20,7 mentre i supermarket aumentavano del 14% grazie alle misure restrittive che li ha lasciati aperti assieme ad alimentari, farmacie e pochi altri. Ad aprile la grande distribuzione è stata invece in flessione del 16,4%. E’ prevedibile che il boom dell’online diminuirà; ma non c’è dubbio che il cambio di abitudini di acquisto non tornerà indietro.
Lo European e-commerce report 2019 di luglio scorso aveva rivelato per il Btc (vendita al consumatore) un giro di affari di 547 miliardi di euro, in aumento del 12%, con previsione di superare i 620 miliardi a fine anno. Per l’Italia si era trattato di 31,6 miliardi. La penetrazione tra i consumatori era del 77% rispetto all’82,5 della media europea e al 93 del centro-nord Europa. Nella spesa alimentare online l’Italia era al 47% contro l’88 della Svizzera. La previsione di un radicamento dell’acquisto via pc o smartphone va oltre la pandemia.
Lo dimostra la Borsa, il titolo Amazon è aumentato da 1.700 a 2.500 dollari, mentre Zalando, maggior piattaforma europea, è passato da 36 a 63 euro. C’è una avversità verso i “giganti del web”, accusati di elusione fiscale e sui quali si vorrebbe aumentare la tassazione, ma colpevoli soprattutto di sottrarre clienti ai negozi tradizionali. Eppure nel 2019, i consumi in Italia erano aumentati di appena lo 0,4% e quel poco di spinta l’ha data il commercio elettronico.
Di più: dei 31,6 miliardi di vendite, 29 sono stati di prodotti italiani, pur se transitati da piattaforme straniere. Solo su Amazon già nel 2018 le piccole e medie imprese italiane avevano raggiunto le 12 mila, in aumento del 20%, con una ricaduta di 18 mila posti di lavoro e vendite all’estero per mezzo miliardo. Mentre tra quelle con più di 10 dipendenti solo una su sette era attrezzata per la vendita online. E’ possibile che molte saracinesche si abbasseranno in un settore già in crisi, ma è certo che un futuro più digitale conviene al made in Italy.