Agenda contro la danza della catastrofe

Redazione

I numeri sono duri ma il rimbalzo è possibile se non si cestina il piano Colao

L’Ocse, l’organizzazione dei paesi economicamente avanzati, formula nuove previsioni sul Pil dell’Italia e del mondo. Peggiori di quelle del governo, Istat, Banca d’Italia e Ue e hanno come variabile un ritorno del coronavirus. L’Economic Outlook stima nel 2020 una caduta del Pil del 11,3 per cento e del 14 se si scatena una seconda ondata. I numeri finora resi noti oscillavano dal meno 8 previsto dal governo al 9,5 della commissione Ue. In compenso l’Ocse attende un rimbalzo del 7,7 nel 2021, più di tutti gli altri istituti; del 5,3 con la seconda ondata. La sensazione è che chi osserva l’economia sposti su e giù le asticelle con due soli punti fermi: la ripresa del 2021 non colmerà in un anno il calo attuale; il gap è di circa un terzo rispetto a quanto perso.

 

Vale, secondo l’Ocse, a livello globale (meno 6 di Pil quest’anno, meno 7,6 con seconda ondata), e la più colpita è l’Europa, il cui scenario più grave con ritorno del virus prevede meno 11,5%. Ma hanno senso queste differenze se è evidente che tutti stiamo perdendo ricchezza, che ne perderemo ancora più se il coronavirus si riaffaccia minaccioso, che il recupero non sarà a V ma lento ad U, e tuttavia un recupero ci sarà? Gli economisti assomigliano ai virologi, con tutto il rispetto per entrambi: il “rebund”, il ritorno dei contagi dovuto alle riaperture, finora non si è manifestato. Così come è plausibile la seconda ondata autunnale. Però che cosa si intende per seconda ondata: pari alla prima o gestibile grazie alla preparazione e al miglioramento delle strutture sanitarie?

 

L’Ocse afferma che “finché non sarà stato trovato un vaccino l’economia mondiale camminerà su una corda”. Lo sapevamo. Sarebbero più gradite ricette ai governi per evitare di cadere da quella corda. A cominciare dall’Italia. Tipo: riforme strutturali alla Colao, che presto diverranno la via obbligata per evitare che la crisi pandemica si trasformi in un’ennesima crisi finanziaria. Dunque va coinvolta l’opposizione che però rifiuta di sedersi al tavolo grazie all’alibi di una maggioranza poco propensa a riformare. Il problema riguarda anche Bruxelles: meno divisioni, più condivisioni, più responsabilità. Questo è più importante di percentuali simili a scommesse.

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