La scommessa del Family act
Il ddl è stato varato. Servono oltre 15 miliardi. Ma serve soprattutto crederci
Il governo ha approvato il Family act, il disegno di legge delega che riforma le politiche familiari promosso dalla ministra per le Pari opportunità e la famiglia Elena Bonetti, fortemente sostenuto da Italia viva. L’approvazione è avvenuta senza particolari intoppi (qualche perplessità tecnica del Pd) nel clima da whatever it takes per il paese di questi giorni. Non ci sono stati sanguinosi litigi, come per la sanatoria sui lavoratori stranieri. Il che solitamente, in Italia, vuol dire due cose: o la riforma non interessa a nessuno, o anche gli oppositori scommettono che non sortirà effetti. Qui ci si augura esattamente il contrario: che tutte le forze politiche, le imprese (il capitolo congedi parentali) e sociali siano interessate alla famiglia, cioè al futuro. Tra le misure più attese e decisive c’è innanzitutto l’assegno universale che verrà versato mensilmente alle coppie che hanno uno o più figli fino alla maggiore età. Poi l’estensione dei congedi parentali, deduzioni fiscali per gli affitti, il bonus per gli asili nido (e le babysitter) e viene introdotta un’indennità integrativa del 30 per cento per le madri lavoratrici erogata dall’Inps per il periodo di rientro al lavoro dopo il congedo obbligatorio. Il punto centrale del ddl è ovviamente l’assegno universale, che dovrebbe essere introdotto dal 2021 e sostituirà aiuti già esistenti. Secondo il Sole 24 Ore si tratta di un necessario riordino di misure già in essere per circa 15 miliardi, ma potrebbe non bastare, dipenderà dal valore dell’assegno e dalla platea degli aventi diritto. In ogni caso andranno trovate risorse. La sfida tra scommettere sul successo del Family act e un’alzata di spalle appena capiterà è tutta qui, nella consapevolezza che quelle risorse vanno trovate. Avvenire, che ha salutato l’approvazione, ha però sottolineato con realismo che non ci si deve illudere che il Family act dia una scossa alla demografia: per quello, siamo già in ritardo di vent’anni. E un’indagine realizzata da Istituto Toniolo e Ipsos dimostra che con la pandemia i giovani italiani che hanno accantonato il progetto di sposarsi o di avere figli sono il doppi rispetto a Francia, Germania e Gran Bretagna. Non essere interessati a questo, significa non essere interessati al futuro.