Nella caverna di Savona
Il presidente della Consob fa tante proposte, alcune criptiche e altre pericolose
Nel suo discorso al mercato, che ormai è stato trasformato in una specie di relazione parallela della Banca d’Italia con tanto di “Considerazioni finali” del governatore ombra, il presidente della Consob Paolo Savona ha espresso concetti e proposte a tutto campo, che vanno dalla politica monetaria alla macroeconomia, e solo parzialmente si è occupato del suo più specifico settore di competenza. Le riflessioni sui concetti che esulano dal suo campo più stretto sono perlopiù inaccessibili (non vorremmo dire incomprensibili) e per questo ci asteniamo dal dare un giudizio.
Ad esempio non è ben chiaro come “l’uso di algoritmi basati sull’intelligenza artificiale, l’uso di linguaggi sempre più potenti, come quelli della fisica quantistica, e di computer adeguati” possano eliminare “speculazioni, errori di valutazione soggettivi o comportamenti illegali”.
Altrettanto criptica è la proposta di una “criptomoneta pubblica” che dovrebbe “condurre a una netta distinzione tra moneta e finanza”. In attesa di comprendere meglio come il pilota automatico cripto-algoritmico risolverà tutti i problemi monetari e finanziari, si può esprimere un giudizio critico sulle proposte più concrete, come ad esempio quella di dare la “garanzia statale” al “capitale di rischio” dei risparmiatori che investono nelle Pmi. Il capitale di rischio garantito è già un ossimoro, ma eliminare il rischio degli investitori non elimina i rischi, anzi ne produce uno enorme: la creazione di rendite che indirizza le risorse verso impieghi improduttivi.
Poi invita i risparmiatori a comprare Btp patriottici per garantire la sostenibilità del debito pubblico: Savona disegna così uno schema escheriano secondo cui i risparmiatori garantirebbero il debito dello stato e lo stato, a sua volta, garantirebbe il capitale di rischio dei risparmiatori. Difficile che una cosa del genere stia in piedi.
C’è però un passaggio lucido di Savona, quando dice che la riduzione dello spread è dovuta al “venir meno dei timori di un cambiamento di denominazione del debito pubblico per tornare a una moneta nazionale”. Insomma, abbiamo pagato a caro prezzo i piani B e le uscite sull’Eurexit.