Ispirata da sindacati come la Cgil, e da ministri come la 5 stelle Fabiana Dadone, che per la Pubblica amministrazione chiede, passata la pandemia, “il 30-40 per cento dei dipendenti in smart working”, si profila per l’autunno un’altra crisi, in aggiunta alle incertezze sulla seconda ondata di contagi e a quella economica. Parliamo di chi non intende tornare al lavoro “in presenza”, in ufficio o a scuola (e a proposito: che ne è di quei docenti che quando venne offerta dal governo Renzi l’assunzione in ruolo distante da casa, denunciavano di non poter interrompere il “rapporto cognitivo” con gli alunni?): per mesi in Italia lo smart working è stata una scelta obbligata e saggia per aziende private e pubbliche, poi la maggioranza delle prime ha richiamato i dipendenti, con orari più o meno alternati; le seconde li hanno lasciati al pc di casa.
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