Il governo smentisce le voci sui 4 mila esuberi trapelate dallo stesso esecutivo per rimettere l’Alitalia in grado di riprendere l’attività senza rimetterci altri milioni. Ma gli advisor sono al lavoro anche per ottenere il via libera di Bruxelles. L’obiettivo, passata la fase attuale che riguarda l’intero settore mondiale, è ripartire con una flotta più piccola, 70 aerei rispetto a 90, e concentrata sul medio raggio. Poi il ministro Paola De Micheli spera di “riassumere più personale in quanto dal 2022 avremo sempre più lungo raggio”. Dunque almeno per due anni ci si prepara a operare in perdita, come in quasi tutta la storia. La crisi del trasporto aereo riguarda il mondo, ma quando la safety car pubblica uscirà dalla pista l’Alitalia ripartirà a handicap. Così dopo essersi ricomprato le Autostrade lo stato rischia di trovarsi con un ulteriore fardello. Vicende diverse, ma con qualcosa in comune. Oltre alla presenza dei Benetton (indesiderata in Aspi, invocata all’inizio per Alitalia, con il ponte Morandi già crollato), c’è un dato: a nessuno viene in mente di mettere a gara le concessioni autostradali né l’Alitalia. O se l’idea lo attraversa, si guarda bene dall’affrontare il rischio di proteste sindacali. Come verrebbe vissuta lo si vede dal titolo di un quotidiano finanziario informato, Mf: “Alitalia a Merkel e Macron”. Quasi fosse un pedaggio ai due artefici del Recovery fund.
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