Cosa pensa Bankitalia del piano di riforme del governo
Pubblica amministrazione, opere pubbliche, mercato del lavoro, istruzione e ricerca: le priorità di Palazzo Koch per il Recovery Italia. Sullo scostamento di bilancio: impatto sul pil pari al 6 per cento
Se debito dev'essere, considerando anche gli altri 25 miliardi che il governo si appresta ad impegnare per la ripresa post Covid, che sia almeno ben speso. Il quadro su come è meglio investire per favorire la ripartenza l'ha tracciato questa mattina alla Camera il capo del Servizio Struttura economica della Banca d'Italia, Fabrizio Balassone, presentando la relazione di Palazzo Koch sul Piano nazionale di riforma (il documento completo è disponibile qui).
Le sfide operative, oltre le buone intenzioni
Un primo giudizio sul documento riguarda la vaghezza dei suoi contenuti. "La lista degli interventi è lunga – si legge nella relazione – non sempre i dettagli forniti sono tali da consentire la formulazione di un giudizio compiuto. L’impegno finanziario non è quantificato, ma sarà inevitabilmente estremamente rilevante, sarà cruciale impiegare le risorse in maniera efficace". E su questo aspetto la scommessa è tutta operativa. "La sfida che attende il Governo e il Parlamento è di dare contenuto attuativo alle indicazioni contenute nel Pnr. Andranno delineati in tempi rapidi progetti di investimento e di riforma lungimiranti, concreti e dettagliati che, soprattutto, andranno attuati senza ritardi e inefficienze; è la condizione per garantire l’effettivo accesso ai finanziamenti previsti nell’ambito di Next Generation Eu".
Serve poi una strategia di lungo periodo, sollecita Bankitalia. "L’enfasi della politica economica dovrà necessariamente spostarsi dalla gestione degli effetti di breve periodo della crisi alla progettazione di interventi volti a rendere l’economia italiana più resiliente e sostenibile, in grado di crescere a ritmi più sostenuti". Insomma, "per il nostro paese inizia ora un percorso tutt’altro che agevole".
Bene comunque le linee di intervento tracciate, articolate intorno alla modernizzazione (digitalizzazione; sicurezza ed efficienza delle infrastrutture; sostegno alla formazione, alla ricerca e all’innovazione; maggiore efficienza dell’amministrazione e della giustizia); transizione ecologica; l’inclusione sociale e territoriale e la parità di genere. Obiettivi "coerenti con le principali debolezze strutturali del paese" e "da tempo al centro del dibattito di politica economica".
Gli elementi di ottimismo
"Nello scorso bimestre, pur rimanendo al di sotto della soglia di espansione, gli indici dei responsabili degli acquisti delle imprese hanno recuperato buona parte della caduta registrata in marzo e aprile, specie nella manifattura. In maggio, in concomitanza con il graduale allentamento delle misure di sospensione dell’attività, la produzione industriale è tornata a salire, di oltre il 40 per cento rispetto ad aprile", ricorda Bakitalia nel tracciare un quadro congiunturale dell'economia italiana. Tuttavia, guardando agli scenari attesi, i modelli della Banca d’Italia rilevano che "alla fine del secondo trimestre l’attività dovrebbe restare ancora di quasi il 20 per cento inferiore ai livelli registrati prima del diffondersi dell’epidemia". "L’indagine condotta in giugno dalla Banca d’Italia presso le imprese – continua la relazione – conferma un quadro di riduzione degli investimenti nel complesso dell’anno, con segnali di minore pessimismo sulle prospettive della domanda nei prossimi mesi".
Cosa dicono i numeri
Le stime di Bankitalia confermano le previsioni di una caduta del Pil del 9,5 per cento, almeno nel caso di uno scenario di base caratterizzato da assenza di nuovi rilevanti focolai epidemici. In uno scenario più sfavorevole, dettato dal fatto che non possono escludersi recrudescenze dell’epidemia in autunno, con conseguenze negative sulla fiducia di famiglie e imprese, sugli scambi commerciali e sulle condizioni finanziarie, il Pil potrebbe invece contrarsi di oltre il 13 per cento.
La relazione di Palazzo Koch ricorda anche l'impatto dell'ulteriore scostamento di 25 miliardi sui conti pubblici, che sarebbero pari al 6 per cento del Pil. Con le nuove misure il debito pubblico si attesterebbe al 157,6 per cento del Pil (155,7 nel Def) mentre, rispetto al 2019, il deficit aumenterebbe di oltre 10 punti percentuali e il rapporto tra debito e prodotto di quasi 23.
Non bastano più spesa e meno tasse per stimolare la crescita
"Uno sforzo straordinario nell’attività di programmazione e una capacità di realizzazione che non sempre il paese ha mostrato di possedere dovranno accompagnare l’aumento delle risorse disponibili", continua la relazione. Ma l’impatto sull’economia dipenderà anche dal miglioramento del contesto in cui si svolge l’attività di impresa: "Sarebbe rischioso assumere che incrementi di spesa e riduzioni di imposte possano automaticamente tradursi in una crescita economica sostenuta e duratura senza un impegno continuo per il miglioramento della qualità dell’azione pubblica".
Opere pubbliche sì, ma come?
Il dato è che la spesa per gli investimenti pubblici dovrebbe superare il 3 per cento del pil nei prossimi quattro anni, aumentando di un punto percentuale rispetto al 2019. L'osservazione di Bankitalia è che questo rilancio delle opere "richiede il rafforzamento della capacità della pubblica amministrazione di individuare le opere necessarie, selezionare i progetti e gestire le diverse fasi di realizzazione. Nella definizione del nuovo assetto sarà necessario contemperare le esigenze di celerità ed effettività delle procedure sia con quelle di legalità, richiamate nel Pnr, sia con quelle di tutela della concorrenza, in particolare nella fase di affidamento". "Rimane imprescindibile – continua il documento – l’esigenza di accrescere la professionalizzazione e la centralizzazione delle stazioni appaltanti come previsto dal Codice dei contratti pubblici".
Una nuova prospettiva per il pubblico impiego
"Per portare nella pubblica amministrazione giovani preparati e competenti è auspicabile che le assunzioni previste siano distribuite con cadenza regolare su un orizzonte temporale sufficientemente ampio, così da interessare più coorti di candidati", suggerisce Bankitalia. "Allo stesso scopo, oltre alle previste campagne di comunicazione e promozione istituzionale, occorrerebbe agire sulla motivazione, la mobilità e le dinamiche dei percorsi di carriera di chi lavora nel pubblico impiego".
Per un mercato del lavoro paritario, meno quote rosa e più asili nido
"La partecipazione femminile al mercato del lavoro è tra le più basse in Europa; un suo aumento è necessario", rileva Bakitalia, notando che sì "gli sgravi contributivi all’occupazione femminile possono rappresentare un immediato strumento di stimolo alla domanda di lavoro delle donne", ma tuttavia "interventi categoriali possono avere effetti distorsivi, spingendo le imprese a prediligere l’assunzione dei lavoratori appartenenti ai gruppi socio-demografici incentivati a scapito degli altri", determinando effetti "incerti" sull’espansione dei livelli occupazionali complessivi. Per questo le osservazioni di Bankitalia suggeriscono di ampliare "l’offerta diffusa di servizi per l’infanzia di qualità" e favorire "una struttura della tassazione e dei trasferimenti per i lavoratori con carichi familiari che non disincentivi la partecipazione del secondo percettore di reddito, tipicamente la donna".
Sempre in tema di lavoro, la relazione si sofferma anche sull’efficacia dei centri per l’impiego, giudicando "limitata" la loro capacità di favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro. Nel potenziamento delle strutture esistenti sarebbe prudente procedere seguendo un approccio graduale, basato su un’attenta valutazione dell’efficacia delle politiche intraprese.
Istruzione e ricerca: avanti con la spesa
"Il potenziamento della formazione terziaria e della ricerca dovrebbe costituire uno degli elementi essenziali di una strategia volta colmare i divari rispetto alle economie più avanzate che frenano le possibilità di sviluppo dell’economia italiana", sottolinea la relazione della Banca d'Italia. Forza dunque con la spesa per l'istruzione, perché "investimenti limitati nell’università penalizzano l’intero sistema della ricerca nazionale, la cui produzione scientifica si colloca su livelli di qualità ed efficienza elevati nel confronto internazionale".