Non ci sono grandi partite ideologiche, o bandiere da alzare, di fronte a questa ripresina nella produzione e nei consumi rilevata dall’Istat nella nota mensile. Ci sono i dati, cioè i fatti, a testimoniare della capacità di tenuta e di reazione veloce da parte di un paese che ha ancora la forza nel manifatturiero e che ha una dotazione patrimoniale nelle famiglie ancora molto solida e capace di tenere su consumi e acquisti di beni durevoli e di immobili anche in un momento così difficile. Non ci sono approcci ideologici perché ce n’è un tale frullato nella politica economica del governo da far smarrire il filo delle etichette tradizionali. Sì c’è un po’ di statalismo e di assistenzialismo, ma in dosi non ancora letali, resta però tutto incardinato in uno schema fondamentalmente liberale e competitivo, perché deriva dall’integrazione economica europea e mondiale, la famosa e duratura globalizzazione. Nei dati usciti ieri spicca la ripresa delle esportazioni avviata, a quanto si è saputo, già in maggio. Vuol dire che le imprese più competitive sono state subito pronte a tornare sui mercati mondiali e hanno saputo mantenere gran parte dei rapporti commerciali, soprattutto quelli di tipo fiduciario.
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