Tra il dire e il fare, ecco che d’improvviso (ma poi neanche tanto) l’idea che dopo l’operazione Intesa-Ubi possa cominciare un risiko bancario che porti alla nascita di un terzo polo del credito in grado di assorbire la banca pubblica Mps sembra più una suggestione che un’ipotesi realizzabile, almeno nel breve-medio periodo. Certo, lo stato deve uscire entro il 2021 e nel frattempo si studiano tutte le possibilità di dare la banca senese in sposa a qualcuno, approfittando magari del potenziale di aggregazione assunto da Bper e della maggior disponibilità dell’amministratore delegato di Banco Bpm, Giuseppe Castagna, a valutare eventuali business combination. Ma la strada appare oggi tutta in salita alla luce di un quadro finanziario peggiorato oltre le attese, come testimonia il tonfo del titolo ieri in Borsa (-7 per cento). Non solo è emersa una maxi perdita nel secondo trimestre (-845 milioni) che si paragona all’utile di oltre 65 milioni del secondo trimestre del 2019, ma il capitale di Mps continua a essere impoverito dalle perdite nette e dalle potenziali passività correlate ai rischi legali.
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