Editoriali
Donne, pil e politica senza ipocrisia
Rimuovere gli ostacoli per le donne senza dimenticare cosa serve alla crescita
L’economista Daniela Del Boca, in una comunicazione a un convegno aveva affermato, qualche giorno fa, che “nonostante le donne italiane siano sempre più istruite e preparate … non sembrano trovare le opportunità o i canali per una maggiore partecipazione alla vita economica del paese”. Aveva poi sviluppato un ragionamento sul fatto che una soluzione di questa disparità “non corrisponde solo a princìpi di pari opportunità ma anche a obiettivi di efficienza economica”. In un saggio del 2012, aveva calcolato che se l’occupazione femminile raggiungesse il 60 per cento (oggi è al di sotto del 50) questo corrisponderebbe a una crescita del pil del 7 per cento.
Questi argomenti, sintetizzati in un’intervista a Repubblica, sono diventati una specie di mantra semplificato fino a capovolgerne il senso. Del Boca sa benissimo che un conto è una correlazione econometrica, tutt’altro conto è la catena delle cause e degli effetti in un sistema economico complesso. Che un aumento dell’occupazione comporti un aumento del pil è abbastanza ovvio, di qualsiasi categoria si parli: siano le donne, i giovani o gli ultracinquantenni, ogni aumento di occupazione nei settori oggi più sacrificati avrebbe effetti di questo genere. Naturalmente è vero anche l’inverso: un aumento dell’attività economica e soprattutto produttiva richiede più occupazione.
Si tratta di non cadere nel paralogismo che invertendo l’ordine dei fattori fa derivare l’aumento della produzione da quello dell’occupazione, mentre è evidente che è vero il contrario. Naturalmente nessuno nega l’esigenza di rimuovere gli ostacoli che rendono così difficile l’impiego delle donne, a cominciare dall’insufficiente disponibilità di servizi per l’infanzia e la maternità, ma basta vedere com’è distribuita territorialmente l’occupazione femminile, assai più elevata nelle regioni con tassi di produzione più elevati, per comprendere la complessità del problema. Semplificarlo con un’inversione logica non solo induce in errori marchiani, ma finisce col creare illusioni infondate che finiscono anch’esse con l’ostacolare una seria politica attiva del lavoro per le donne.