C’erano certamente le migliori intenzioni politiche, figuriamoci, da parte del governo e in più ciò che è trapelato dalla procura di Milano ha mostrato quali forti sospetti aleggino sul comportamento di Vincent Bolloré e delle sue aziende nelle scorrerie italiane. Ma l’Italia si è apprestata con un po’ troppo impeto a fermare la possibile francesizzazione di Mediaset dopo la sentenza europea con cui si erano smontati in modo molto chiaro i limiti difensivi posti dalla legge Gasparri. La strategia del governo italiano è stata quella di rilanciare, dopo un “no” europeo, proprio con una norma che straccia uno dei pilastri del diritto comunitario e cioè la libertà di stabilimento e di circolazione dei capitali. Perché i puntuti articoli legislativi, inseriti peraltro in un decreto con poca attinenza, con cui si intendeva rinnovare il divieto per Vivendi a far pesare la sua presenza nel capitale di Mediaset, erano e sono facilmente smontabili in qualunque giurisdizione europea e anche in un tribunale italiano. Ma, come è noto, è stata prima la Commissione a muovere e a chiedere all’Italia, con due lettere successive, di rinunciare a quell’intervento ostativo degli investimenti comunitari. Niente da fare e ora si va a uno scontro che non fa bene al paese e probabilmente neppure all’azienda che si intendeva tutelare. Perché bloccare la contendibilità di un’impresa se può sembrare una genialata nel breve periodo è sempre un danno nel medio periodo. E Mediaset, inoltre, è una multinazionale, ed è presente nei media e nel broadcasting in Spagna e in Germania con ottimi risultati e un clima non ostile all’investimento italiano. Dare a Bolloré, dopo ciò che ha rivelato la procura di Milano, uno spunto per presentarsi come imprenditore corretto e danneggiato da un’attività legislativa contra personam è davvero un peccato oltre a essere un torto alla verità. Mentre Mediaset e la sua stabile proprietà non hanno bisogno di norme protettive per reggere l’urto francese e per avviare, invece, da una posizione di forza trattative complessive con Vivendi. Non una bella storia, per l’Italia.
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