Draghi ai sovranisti: "Difendere l'unicità del mercato significa difendere le aziende italiane"

Redazione

Più integrazione tra i mercati europei significa più vantaggi per l'economia italiana. La lezione del premier in Senato 

Non c’era bisogno che il premier Mario Draghi ribadisse l’importanza per l’Italia di fare parte del mercato unico europeo, come ha detto lui stesso oggi durante il suo intervento in Senato. Del resto dall’ex presidente della Bce non ci si aspetterebbe una posizione diversa. Eppure anche in occasione delle comunicazioni alle Camere in vista del Consiglio europeo di domani Draghi ha voluto sottolineare il concetto, a scanso di equivoci, rivolgendosi anche ai sovranisti tra i banchi: “Dal 1992 al 2018, le esportazioni tra Paesi europei sono cresciute fino a raggiungere il 20 per cento del prodotto interno lordo dell’Unione. Dimostrando quindi che un mercato europeo unico, coeso, con stessi standard, permette anche uno sviluppo delle esportazioni intraeuropee, quindi dovremo gradualmente dipendere sempre meno dal resto del mondo per le nostre esportazioni, come avviene a tutti i grandi mercati, tutti i grandi Paesi”, ha detto Draghi.

 

Nella logica draghiana, che sovverte completamente quella sovranista, integrare l’economia italiana in quella europea non è solo un’opportunità di crescita ma è anche la necessaria strada da percorrere per fare l’interesse delle imprese nazionali. “Difendere l’unicità del mercato significa difendere le aziende italiane, che ne beneficiano in grande misura”, ha scandito il premier, ricordando che con il rafforzarsi del mercato unico anche gli investimenti degli altri paesi europei diretti in Italia sono cresciuti.

 

Oltre al mercato, c’è poi la politica industriale. Anche su questo aspetto Draghi auspica che si possano costruire percorsi comuni in Europa, perché a beneficiarne sarebbero quei settori – e quei paesi – che hanno gap da colmare. L’esempio è quello del digitale e dell’Ict, le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, su cui una strada europea comune è stata messa in cantiere con la Bussola Digitale proposta dalla Commissione europea il 9 marzo. Per l’Italia significa cambiare rotta soprattutto nei processi della pubblica amministrazione: “Il programma Next Generation Eu offre un’enorme opportunità: come ricordato dal ministro Colao nella sua audizione parlamentare, il 20 per cento dei fondi destinati a finanziare i piani europei di ripresa e resilienza riguarda proprio la trasformazione digitale”.

 

Ma a Matteo Salvini, che è intervenuto dopo il discorso di Draghi, alcuni di questi passaggi devono essere sfuggiti. Nella sua replica il leader della Lega ha preferito soffermarsi sui punti di contatto piuttosto che su quelli divisivi. E allora grande plauso all’apertura di Draghi verso la web tax, che in Europa diventa una possibilità più concreta vista la collaborazione degli Stati Uniti. D’altra parte Salvini dovrebbe riconoscere che è proprio perché non è più presidente Donald Trump che oggi dall’America arriva una maggiore disponibilità a ragionare su una tassazione digitale internazionale, come lo stesso premier Draghi ha sottolineato nel suo passaggio sul tema.

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