editoriali
Viva il Golden power
Strategico, non politico. Per esempio, che metta in sicurezza i nostri chip
Nel pieno della crisi di reperibilità di microchip e semiconduttori, la prima della storia, il governo Draghi ha esercitato il Golden power per fermare l’acquisto da parte di una società cinese di un’azienda italiana che produce semiconduttori. Un bel segnale, che non ha nulla a che fare con il sovranismo, ma con il tentativo di mettere in sicurezza i pezzi di una catena di produzione delicatissima, che per troppo tempo non erano stati indicati come “strategici”.
Ieri, in conferenza stampa, Draghi ha detto di essere d’accordo con il ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti: “Il Golden power è uno strumento che ha il governo per evitare la cessione di asset strategici a potenze straniere, e va usato, quando è necessario e nelle ipotesi previste dalla legge”. Insomma non c’è un pregiudizio politico, da parte di Draghi, tantomeno il tentativo di inserirsi nel piano inclinato del libero mercato. C’è però una necessità, che per esempio con la crisi dei microchip è diventata molto concreta. L’aumento dei consumi, che grazie anche agli incentivi statali sono il perno su cui si basa il rilancio dell’economia, è rallentato dalla crisi di produzione dei microcervelli dei nostri apparecchi – non solo tecnologici. Il settore delle auto è tra i più colpiti, e ha costretto per esempio Stellantis a fermare o rallentare la produzione di diversi stabilimenti, anche in Italia.
Ieri Giorgetti in audizione in Parlamento ha detto che il Mise pensa di “estendere l’ambito di applicazione del Golden power” anche ad altri settori strategici, “in considerazione del crescente peso delle importazioni di prodotti industriali a basso costo dalla Cina”. Ma un conto è il libero mercato, su cui si esercita un controllo completamente diverso e, se possibile, non governativo. Un conto sono aziende come quella italiana di semiconduttori, che hanno a che fare con una filiera strategica non solo italiana, ma europea. Il Golden power è uno strumento troppo importante per farlo diventare politico. Che resti, come ha dimostrato Draghi, soprattutto strategico.
tra debito e crescita