editoriali

I capitali non coraggiosi del calcio

Redazione

La Superlega è affondata anche a causa di manager poco galattici 

La Superlega di calcio è passata più veloce delle meteoriti nella notte di San Lorenzo. Come mai? Volendo volare alto potremmo citare Michel Albert e il suo “capitalismo contro capitalismo”: da un lato il modello anglo-americano dall’altro il modello tedesco; da un lato la JP Morgan e lo show business dall’altro il Bayern con i conti in ordine, posseduto dai tifosi e detentore della Champions (la società bavarese  è stata la prima a schierarsi contro).

 

Sarebbe un bel tema da approfondire se non fosse che i promotori di questo abborracciato progetto sono club calcistici nei guai finanziari come Real Madrid e Juventus, o sull’orlo del fallimento come il Barcellona. Il fatto che si siano aggiunti il Milan e l’Inter dall’ondivago assetto proprietario o il Chelsea dell’oligarca Abramovic, conferma il sospetto: si è trattato di un maldestro tentativo di salvataggio accendendo nuovi debiti per coprire quelli vecchi in un ambiente economico-finanziario dove il debito è sovrano.

 

 

Di capitali propri nemmeno a parlarne. E senza capitali il marchio non basta, ciò vale in qualsiasi impresa, dalla Ford a Valentino. Florentino Pérez non è più in grado di coprire le galattiche spese dei Galacticos tanto che l’anno scorso ha preso in prestito 205 milioni di euro ottenendo dallo stato spagnolo una garanzia del 70 per cento (politica e affari in convergenza parallela).

 

Andrea Agnelli non può contare senza limiti sugli assegni staccati da suo cugino John Elkann. Il fondo Elliott vuol vedere il Milan vincere se no vende. I cinesi dell’Inter non sappiamo più che fine faranno. Siano benvenuti i fondi d’investimento e ancor più le tv.

 

 

Tuttavia, per compiere un salto nel futuro bisogna partire con il piede giusto, cioè da imprese sane gestite da imprenditori amanti del rischio e dalle spalle solide, capaci di elaborare un progetto robusto, condiviso, nel quale credere non da mollare nello spazio di un mattino. Una Superlega potrebbe funzionare se a guidarla non fosse chi sta per annegare, ma chi ha muscoli, fiato e coraggio per attraversare la Manica.

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