Foto Alfredo Falcone - LaPresse

Editoriali

La svolta che il commercio non vede

Redazione

I dati Confcommercio ignorano i lavori creati con la rete. E c’è un motivo

La Confcommercio segnala quanto sia stato colpito dalla crisi sanitaria il settore del terziario. All’ingrosso i numeri dicono che un milione e mezzo di posti di lavoro sono saltati, ovvero non sono stati creati, e che i consumi hanno avuto una contrazione in cifre assolute superiore ai 130 miliardi.

 

Parliamo di una concezione ampia di terziario, che tiene dentro, oltre al commercio, i servizi e i trasporti. Tutto vero e, ovviamente, preoccupante. Ma attenti, nell’organizzazione della controffensiva, a non sbagliare i bersagli. Perché anche se si sottolinea che questa è la prima contrazione del terziario da 25 anni a questa parte è anche vero che la pandemia si è abbattuta su settori già sottoposti all’erosione continua di profitti a vantaggio del mondo online. Sui servizi, pensiamo alle intermediazioni o ai piccoli trasporti, si è abbattuta l’onda della concorrenza portata dal web. E le vicende concorrenziali nella distribuzione di merci sono ben note.

 

Nelle rilevazioni della Confcommercio, però, i posti creati dai giganti e anche dalle aziende medie basate nel web non sono calcolati, come se ci fosse solo la distruzione di lavoro e non anche qualche forma di creazione o trasformazione. E’ comprensibile che si preferisca fare i piccoli commercianti in proprio anziché lavorare con turni e controlli serrati nella logistica (ma i dipendenti dei piccoli negozi hanno contratti paragonabili con quelli delle grandi multinazionali, per quanto efficientiste e toste nelle procedure?), ma la questione va affrontata con maturità e non con l’impressione creata da numeri veri ma usati più per fare effetto che per cercare soluzioni concrete.

 

Il commercio deve trasformarsi in servizio, arricchirsi di offerte e capacità di dialogo e di ascolto dei clienti, se vuole sopravvivere e continuare a fare soldi e anche a fare bene alle città e a renderle più sicure e vivibili. La pandemia ha colpito ma, come per tutti i settori, dà anche la possibilità di ripartire su nuove basi. Provare a guardare al futuro non è più solo un’opzione. Oggi è un dovere.

 

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