Editoriali
Cattivissime big tech
Amazon è il maggior creatore di occupazione negli Usa. Bersagli o modelli?
Per il secondo anno consecutivo Amazon è il maggior creatore di occupazione negli Usa, come annunciato dal Progressive Policy Institute, un think tank non profit indipendente che supporta anche il governo americano. Nel 2020 l’azienda di Jeff Bezos ha creato negli Stati Uniti 400 mila nuovi occupati e altri 100 mila in Nord America, venendo anche inserito dal Ppi al primo posto dei 25 “heroes of investments”, i gruppi con i maggiori investimenti. Amazon ne ha fatti per 33,8 miliardi di At&t, Google e Intel ed è il solo big non puramente ascrivibile alla (ex) new economy.
Nell’industria tradizionale la pandemia ha prodotto meno investimenti per otto miliardi. Un report firmato da Michael Mandel, responsabile analisi strategiche del Ppi ed ex capo-economista a BusinessWeek ora del gruppo Bloomberg, dice che “il numero di lavoratori assunti dall’e-commerce supera ormai quello di chi ha perso il lavoro nel mattone e nella calce”. E tuttavia Amazon non è oggetto di polemiche solo in Italia e in Europa – per le tasse pagate in paradisi fiscali, (peraltro sempre nella Ue) e dunque tra i bersagli della minimum tax, nonché per il presunto sfruttamento dei dipendenti.
Quest’ultimo problema sembra superato in Italia con l’adozione del contratto della logistica, pur se in certi stabilimenti si lamenta l’assunzione di stagionali, questione che non riguarda solo Amazon. Negli Usa le Unions sindacali, il cui peso è sempre minore, accusano che nessuno ad Amazon è iscritto a un sindacato. Eppure l’azienda ha annunciato aumenti salariali medi di 40 dollari la settimana, oltre a bonus vari. Ma dopo che l’amministrazione Usa al G7 finanziario ha dato via libera alla tassazione minima, l’attenzione del Congresso e dell’Antitrust è calamitata dall’acquisizione della Mgm, gli studios del leone ruggente, per 8,45 miliardi. In guai finanziari da anni (passò anche nelle mani dell’italiano Giancarlo Parretti), la Mgm è stata di fatto salvata da Amazon, interessata al suo catalogo. E senza che il “perfido” Bezos abbia licenziato né tagliato investimenti.