Editoriali
Ne usciremo più forti
Regioni efficienti, italiani digitalizzati e altri segnali di puro ottimismo
Sono 21,35 milioni le identità digitali (Spid) adottate dagli italiani al primo giugno scorso. Erano 16,6 milioni a gennaio, 5,6 a inizio 2020, 3,4 a gennaio 2019. Durante la pandemia oltre il 55 per cento della popolazione attiva si è digitalizzato nel rapporto con la pubblica amministrazione, un traguardo che un anno fa sembrava utopia. Certo, con lo Spid si prenotano (anche) le vaccinazioni ma poteva accadere che il sistema non funzionasse, che la gente si rifugiasse nella diffidenza verso un’operazione comunque complesse.
Sempre un anno fa c’era il flop della app Immuni, e poi in Lombardia della piattaforma Aria, sostituita da Poste italiane, con risultati che si vedono. In un altro campo, le auto ibride hanno rappresentato a maggio il 31 per cento delle vendite totali, contro il 5,3 del 2019. Ovvio che allora non c’era l’offerta: ma ora la risposta del mercato è superiore alle aspettative. E questo prima dei miliardi europei del Recovery plan, che ha tra i suoi pilastri appunto la transizione digitale ed energetica. Solo queste cifre danno, ora, una risposta concreta a quella che dodici mesi fa appariva, per usare un termine della psicologia attitudinale, un biofeedback: il miglioramento auto-indotto di se stessi. La domanda era se saremmo usciti migliori dalla pandemia, e tra retorica da balcone e cinismo molti ne dubitavano.
Ora si può essere rassicurati del contrario, basandosi non solo sul successo della campagna di vaccinazione e sulla prevista uscita dalla pandemia, cioè sui dati quantitativi, ma su quelli qualitativi. Cioè il successo della scienza, delle buone pratiche e della globalizzazione, e la conseguente sconfitta dei complottismi. Mentre i 750 miliardi di euro messi in campo dall’Europa ed i 1.900 miliardi di dollari degli Usa, con gli investimenti privati (94 miliardi solo le prime 5 aziende americane dell’online e del digitale) sono, attualizzati, il maggior sforzo pubblico e privato mondiale dalla fine della seconda guerra mondiale. L’ottimismo, stavolta, non è della volontà ma della ragione.