editoriali
L'economia dei due festival
Da Trento a Torino, una lezione sulla concorrenza e le sue conseguenze
Oltre un mese fa, quando il presidente leghista della provincia di Trento Maurizio Fugatti decise di sfrattare dalla città gli storici organizzatori del Festival dell’economia, la casa editrice Laterza e l’economista Tito Boeri, si parlò di uno sfregio politico a chi aveva inventato e portato avanti per 16 anni un evento di successo internazionale. Il Foglio, un po’ in controtendenza rispetto a molte analisi che sembravano decretare la morte del festival, scrisse che quella vicenda non era poi una notizia così tanto cattiva. La decisione da sprovveduti degli amministratori leghisti di Trento, scrivevamo, “molto probabilmente farà un danno alla città, ma andrà a beneficio di un’altra città italiana e del paese”. Le cose, ora, sembrano muoversi proprio in quella direzione. Gli organizzatori – l’editore Laterza, Tito Boeri e Innocenzo Cipolletta – hanno annunciato che l’anno prossimo il “Festival internazionale dell’economia”, questo è il nuovo nome, si terrà a Torino.
Tante città si erano offerte di ospitare gli organizzatori cacciati da Trento e alla fine l’ha spuntata il progetto trasversale (anche politicamente) di regione Piemonte, comune di Torino, Compagnia di San Paolo, Fondazione Crt, Camera di Commercio, Università, Politecnico e Collegio Carlo Alberto. Il festival di Torino si svolgerà a inizio giugno, in contemporanea a quello di Trento organizzato per la prima volta dal Sole 24 Ore. E così i festival saranno due, gli organizzatori hanno trovato a Torino un’offerta evidentemente molto competitiva e anche il pubblico avrà a disposizione un’offerta più ampia e varia. A perderci è la città di Trento che perde il “monopolio” del festival dell’economia: anche se organizzerà un evento di qualità elevata, in linea con quella delle passate edizioni, sicuramente perderà visitatori e visibilità svolgendosi contemporaneamente a quello di Torino. La lezione economica è che quando ci sono apertura e concorrenza è un bene per tutti, tranne per chi discrimina perché è costretto a sopportarne il costo.